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2010 10 29 * Tempi * Tutto quel talento sprecato a perseguitare gli oratori con l’Ici * Renato Farina

Stimatissimi perversi radicali

Ho una debolezza. Finanzio il nemico. Accadde quando nessuno, tranne il cuore del Papa, sapeva dei cattolici indocinesi delle montagne, perseguitati dai regimi comunisti. I radicali andavano a trovarli, a costo di botte e forse della vita, rendevano note le loro testimonianze gloriose e piene di dolore. Sono i Montagnard. Sarebbero due milioni se non fossero stati sterminati: e sono 800 mila. Da allora (salvo una breve pausa dovuta all’identificazione ossessiva del Vaticano con i talebani) sono iscritto al Partito radicale transnazionale. Pago la tessera.

Di solito di loro si dice, anche e soprattutto a sinistra: i fini che hanno sono ottimi, siamo grati «per le conquiste civili». I metodi sono però insopportabili. Io penso l’opposto: che i loro metodi siano fantastici. Sono coribantici, come il cristianesimo. Hanno passione, mettono in gioco il loro corpo, cioè se stessi. Sono come l’Esercito della salvezza. Si legga in proposito Chesterton. I loro fini invece sono la negazione dell’umano. L’aiuto ai Montagnard fa parte del loro metodo. Rischiano la pelle per loro. Il problema è che vogliono la loro sopravvivenza per poi introdurli nel mondo da loro sognato: una società di individui sperduti, dove ci si lega solo per spezzare qualsiasi legame. Così intendono anche la lotta per la libertà religiosa. Vogliono che viva la libertà religiosa ma che non esista più nulla che si metta in mezzo tra lo Stato mondiale e l’individuo. Vogliono la morte della Chiesa intesa come corpo e sangue, anima e carità. Ammettono la fede come qualcosa di totalmente privato (il contrario dei Montagnard, per questo sono stati perseguitati). Così si spiega perché da anni la loro ala marciante ha scelto come scopo supremo di impedire che ci siano opere sociali, educative, case, bar col flipper e orzata, insomma una vita espressiva di una fede che coincida con la pienezza delle cose umane.

Maurizio Turco in Europa ha condotto una battaglia perché ogni edificio della Chiesa paghi l’Ici. La struttura europea è perfettamente solidale con questa impostazione: non vede l’ora di strappare le unghie a chi si opponga al conformismo tecnocratico. L’Italia finora ha consentito a chi tiene insieme il suo corpo, impedendone la liquefazione, di esercitare la sua funzione senza strozzarlo con le tasse. I radicali non ne vogliono sapere: siano trattati come mano longa dello Stato canaglia, la Santa Sede. Il governo italiano, prima che l’Europa uccida questo barlume di sussidiarietà, ha messo le mani avanti, rimanda al 2014 una nuova legislazione fiscale che faccia tassare ai comuni questi beni. Va bene salvare il salvabile. Non va bene il progetto punitivo futuro. Ci batteremo contro, almeno noi deputati del Pdl, ne sono sicuro, ma ci saranno anche quelli dell’Udc e di Rutelli, e spero la Lega, per impedire questo. Ma i radicali non ci sentono. Vogliono proprio, cercando cavilli, mobilitando ogni risorsa paragiuridica, praticare questo prelievo di sangue.

Intanto però bisogna amare il loro metodo, da Lepanto alla rovescia. C’è un amico pannelliano che stimo molto, alla Camera: Matteo Mecacci. Insieme siamo stati in Bosnia, e a Sarajevo dal cardinale Puljic abbiamo appreso che i cattolici sono vessati, che la comunità internazionale sostiene musulmani e ortodossi, ma i cattolici no, e tace dinanzi alla prevaricazione del governo islamico che impedisce la costruzione di nuove chiese. E si è indignato con me. E quando è venuto a Roma il ministro degli Esteri afgano, mi ha rimproverato perché non l’avevo obbligato a rispondere sulla libertà religiosa dei cristiani, assente anche dove comanda Karzai. Aveva ragione. Devo imparare dai radicali. Essere sul pezzo, rischiare. Sull’Ici ve la faremo vedere.