Privacy Policy Cookie Policy Termini e Condizioni

2009 03 07 * Io Donna (Corriere della Sera) * Cattedre contestate - QUEI PROF MIRACOLATI * Cristina Lacava

Avanti c'è posto. Ma solo per pochi. Mentre le scuole arrancano e i precari vacillano, per i docenti di religione si aprono le porte. Loro però accusano: siamo discriminati. E ne fanno un problema di voti.

Alle materne comunali milanesi i bambini hanno due certezze. Innanzitutto, sanno che spetta a mamma e papà comprare carta igienica, sapone liquido, scottex, altrimenti non ci pensa nessuno. Inoltre, sanno che all'asilo possono imparare la differenza tra cose create (l'uomo) e cose non create (le case). A settembre, infatti (ma si è saputo solo ora), il Comune di Milano ha assunto a tempo determinato 46 insegnanti di religione. Una scelta che non è passata inosservata, in un momento in cui la Gelmini si prepara a tagliare 42mila cattedre dal totale dell'organico scolastico. Don Michele Di Tolve, responsabile dell'Ire (Insegnamento della religione cattolica) nella diocesi di Milano, è categorico: «Abbiamo solo risposto alle domande delle famiglie che a stragrande maggioranza richiedono questa materia. Fino all'anno scorso raggiungevamo alcuni istituti, adesso tutti. C'è da lamentarsi per il fatto che si sono creati nuovi posti di lavoro? Non credo, infatti anche i sindacati l'hanno capito». Don Di Tolve rifiuta il confronto tra i costi delle nuove assunzioni e i tagli: «Anzi, la presenza dell'insegnante specialista, di religione o di lingua straniera, permette di fare le compresenze, perché "libera" alcune ore che i colleghi possono utilizzare». Sarà. Ma è meglio non riferire ai precari delle scuole di altre città quanto è successo a Milano: «Da 25 anni sono in fila per entrare in ruolo, mi è stato sempre detto che non ci sono i soldi» si inalbera Antonio Bucciarelli, eterno supplente di educazione fisica a Roma. «Le mie speranze continuano a ridursi. Per i docenti di religione, invece, i soldi si trovano. E sì che, da precari, guadagnano più di noi». Proprio a Roma, il Comune ha appena reso obbligatorio, in tutte le mense scolastiche, il menù della quaresima, abolendo la carne al venerdì. Una scelta confessionale - e certamente non dietologica - sulla quale le famiglie laiche, o di altre religioni, non hanno neanche il diritto di esprimersi.
La religione in classe, dunque, torna a far discutere, proprio quando il dialogo tra laici e cattolici - vedi Englaro e testamento biologico - è spinoso come non mai. E i punti d'incontro, anche su questo tema, sono quasi nulli. Intanto, c'è il problema dei costi: religione cattolica, materia facoltativa dal 1984, ha 14mila docenti di ruolo (più altri seimila circa senza cattedra), per i quali lo Stato (ovvero il contribuente) spende ogni anno una cifra considerevole: «L'ultimo dato ufficiale, del 2001, parla di 650mila giuro ma ora è sicuramente di più» dice il deputato radicale Maurizio Turco.

II capitolo stipendio, basso per tutti, più basso per alcuni, è strettamente collegato. Proprio Turco, insieme all'avvocato Claudio Zaza, ha promosso una causa per far riconoscere a una precaria il diritto agli scatti biennali del 2,5 per cento: questo diritto, curiosamente, vale solo per gli insegnanti dí religione, che poi conservano l'incremento maturato quando entrano in ruolo. Nel luglio scorso, la professoressa ha vinto la causa, e il ministero è stato condannato a pagarle 2.600 euro di arretrati. Cosa che non ha fatto, tanto che è scattato il pignoramento. Non solo: «Adesso altri precari stanno facendo ricorso» dice l'avvocato Zaza, che ha pubblicato sul suo sito la sentenza. «Io stesso ho una trentina di cause in corso». La prossima sentenza è attesa l'11 marzo dal tribunale di Tivoli.
Ma le anomalie italiane sono tante. Basta un confronto con l'estero: solo l'Irlanda, Cipro e l'Austria prevedono che nelle scuole si insegni religione cattolica. Nella laica Francia non c'è nulla di simile, in Spagna la materia è opzionale e si può scegliere tra le diverse confessioni; in Svezia e nei Paesi Bassi, è obbligatoria ma non confessionale: «Nel resto d'Europa ai professori è richiesta una laurea in studi teologici statale» dice Turco. «Da noi invece teologia è competenza esclusiva degli atenei privati cattolici». Ed è sempre la Curia a selezionare i docenti, ed eventualmente a togliere loro l'idoneità in caso di divorzio o convivenza, lasciandoli a spese dello Stato.

«Entrare in ruolo come professore di religione è più facile che per le altre materie, perché l'organico è fisso: basta che ci sia un solo alunno e la cattedra è salva, a differenza delle altre» sostiene Turco. «Di fatto. l'abilitazione in Irc può diventare una scorciatoia. Presenterò presto un'interrogazione parlamentare per chiedere quanti, i loro l'abbiano tentata».
Eppure gli insegnanti di religione si sentono discriminati. Qualche settimana fa hanno presentato in Parlamento una petizione per chiedere un nuovo concorso e soprattutto per combattere la temutissima "ora del nulla". Oggi infatti ogni genitore, all'atto dell'iscrizione, può scegliere per il proprio figlio di avvalersi o meno dell'Irc. Chi dice no ha diritto ad alcune opzioni, garantite da una sentenza della Corte Costituzionale: frequentare una materia alternativa, fare studio individuale, infine entrare a scuola un'ora dopo o uscire un'ora prima nel caso la materia cada a inizio o fine mattina. Quest'ultima possibilità andrebbe abolita, secondo l'Anir (associazione insegnanti di religioni, perché spinge i ragazzi più grandi a dire di no all'Irc: «Non possiamo fare concorrenza al panino al bar, siamo perdenti» è l'amareggiato commento della presidente Patrizia Caprara. Don Di Tolve si spinge a chiedere di cambiare la legge: «La nostra materia dovrebbe avere pari dignità con le altre» attacca. D'altra parte, il sito stesso della diocesi (www.chiesadimilano.it) parla di ''situazione gravissima", soprattutto alle superiori, dove i ragazzi ''non avvalentisi" a Milano città sono il 49 per cento. con punte del 64 nei professionali (dati dello scorso anno). Diversi i numeri per elementari (13 per cento di ''non avvalentisi") e medie, 20 per cento.

L'emorragia è dilagante anche in altre città come Firenze, dove metà degli studenti più grandi diserta, e Bologna. «Quando è istituita la materia alternativa, i numeri ci sono più favorevoli» dice don Di Tolve. Non solo: il problema è anche il "peso" della disciplina. Infatti oggi religione cattolica non fa media e non dà crediti agli studenti degli ultimi tre anni delle superiori, proprio per non discriminare chi sceglie di non frequentarla. «Invece andrebbe premiato chi si impegna a studiarla» è il parere di don Di Tolve. E Patrizia Caprara rincara: «Siamo continuamente vittime di soprusi e pregiudizi: molti non sanno che noi non facciamo catechismo ma rispondiamo all'emergenza educativa di questi tempi». Questo potrebbe essere forse l'unico elemento di dialogo: «Noi ci sentiamo a metà tra il mondo laico e quello ecclesiastico» dice Ettore Giriboldi, docente di Ire a Torino. «Vogliamo confrontarci con entrambi, per il bene dei ragazzi».