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2008 03 08 * La Provincia di Cremona e Crema * «Il monsignore sta esagerando» L’ira dei radicali * Gilberto Bazoli

«Egregio monsignor Vincenzo Rini, non le sembra di esagerare? Far passare i radicali come quelli che ‘vogliono tappare la bocca’ ai settimanali diocesani più che un’accusa offensiva è un’accusa ridicola». I radicali cremonesi hanno scelto la forma della lettera aperta per ribattere a don Rini, direttore de La Vita Cattolica, che, nell’ultimo numero, aveva controreplicato ai pannelliani sulla loro intesa con il Partito democratico. La prima puntata della polemica, che ha assunto toni raramente così accesi, era stata scritta dallo stesso don Rini con l’editoriale della settimana scorsa, in cui, appunto, criticava l’intesa tra Walter Veltroni ed Emma Bonino. I radicali gli avevano risposto bollando come «oltraggioso» l’intervento di don Rini, insieme con quello del direttore de Il Nuovo Torrazzo (don Giorgio Zucchelli), e parlando di «interfenze e ingerenze» da parte della gaerarchia ecclesiastica. Dono Rini ha preso nuovamente carta e penna: «Ha fatto molto rumore il nostro editoriale. Su La Provincia sono apparse pesanti reazioni di Sergio Ravelli, radicale cremonese, sulle quali è necessario fare qualche riflessione». In queste secondo articolo, accompagnato da una copertina con l’immagine a tutta pagina delle classiche tre scimmiette e il titolo ‘Per i radicali, i cattolici non devono sentire, vedere e soprattutto vedere’, il direttore del settimanale diocesano metteva in guardia: «Non ci spaventeremo delle ire funeste di chi vuole metterci il bavaglio. Il fascismo, per fortuna, è lontano». Ora la lettera aperta di Gino Ruggeri, segretario dell’Associazione radicale Piero Welby-Cremona, e di Sergio Ravelli, vicepresidente del Comitato di radicali italiani. «Egregio monsignor Vincenzo Rini, non le sembra di esagerare? Far passare i radicali (oltre che pro-morte) come quelli che “vogliono tappare la bocca” ai giornali diocesani, più che un’accusa offensiva è un’accusa ridicola. La storia ultracinquantennale del Partito Radicale (unico partito superstite fra quelli nati nel dopoguerra) è limpida, trasparente e conosciuta da tutti gli italiani». Per Ruggeri e Ravelli «il nocciolo della questione è un altro: le gerarchie ecclesiastiche, e i loro portavoce, hanno deciso di entrare direttamente nell’agone politico-elettorale. E lo stanno facendo con una pesantezza che non ha precedenti nella storia della Repubblica italiana, prendendo di mira proprio coloro che con più rigore si sono sempre battuti per la laicità dello Stato e per libertà religiosa ovunque nel mondo. La ricerca del dialogo, soprattutto con chi la pensa in maniera diversa, è l’essenza dell’azione politica dei radicali». I radicali concludono «dando appuntamento» a don Rini «alla prossima campagna elettorale, nel corso della quale troverà certamente le occasioni (se lo vorrà) per confrontarsi pubblicamente con il candidato radicale nelle liste del Pd». Quel candidato è Maurizio Turco: il suo terzo posto nella lista alla Camera è sinonimo di elezione certa. (gi.baz.)