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2023 03 03 * Partito Radicale * Consiglio generale * Maurizio Turco

Partito Radicale, Consiglio generale, Roma 3|5 marzo 2023

Relazione del Segretario Maurizio Turco

Prima di iniziare con la relazione vera e propria, due notizie italiane di attualità che fanno parte di nostre iniziative ormai decennali e che speriamo riescano a trovare un punto di caduta.

La prima, è l’assoluzione dell’ex sottosegretario Nicola Cosentino, noi avevamo votato contro il suo arresto convinti della sua innocenza, sono passati quasi quindici anni e la sua innocenza è stata riconosciuta, dopo che è stato in galera.

La seconda, è che finalmente l’Unione europea ha chiesto all’Italia di far pagare l’ICI anche alla Chiesa cattolica per gli edifici ad uso commerciale, questa è una battaglia che va avanti da una ventina d’anni.

Questo a proposito di lentezza della giustizia, sia per chi va in galera da innocente, sia per chi non ha pagato le tasse sinora.

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Noi veniamo da un Congresso che abbiamo tenuto alla fine di ottobre e avevamo tenuto a giugno scorso un Consiglio generale, per quanto riguarda la mia relazione ci aiuta molto la mozione del Congresso del 2019 e le mozioni dei successivi congressi annuali. E credo che ci aiuti perché quello che il Congresso scrisse e deliberò, dopo tutto quello che era successo, non era altro che il precipitato storico di mezzo secolo di lotte, di vita del Partito Radicale. E soprattutto di un metodo che qualifica la vita del Partito e credo che quel metodo, quelle lotte siano ancora oggi più pregnanti nell’attualità. Nel senso che noi abbiamo conferme quotidiane, per esempio i due episodi dei quali parlavo prima, e più degli episodi in sé del tempo che passa e quindi della ingiustizia oggettiva che si compie.

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Continuo ad essere convinto di un qualcosa che, l’ho ripetuto parecchie volte e continuerò a ripeterlo, perché penso che sia qualcosa di molto importante non solo per il Partito. Mi riferisco all’analisi che Marco Pannella faceva nel 1979, con la quale “denunciava per la prima volta a livello politico il dramma dello sterminio per fame nel mondo e accusava i governi dei paesi “ricchi” di rendersi di fatto complici del nuovo olocausto, essendo la malnutrizione nel mondo più il frutto di un vero e proprio “disordine economico internazionale” che di una penuria di alimenti.”

Oggi potremmo allargare quella denuncia a tutta una serie di problemi che attanagliano il mondo attale. Nel senso che il disordine economico internazionale continua a regnare sovrano, mentre la politica dopo quarantacinque anni da quell’affermazione è sempre più debole e arrendevole.

La conseguenza e l’approfondimento di quella analisi portarono dieci anni dopo, nell’aprile del 1989, a tenere un congresso del Partito a Budapest, mentre ancora la cortina di ferro non era ancora completamente caduta. Quel congresso decise l’ennesima evoluzione del Partito Radicale, nonviolento per definizione, aggiungendoci i connotati di transnazionale e transpartito in ragione del fatto che i problemi del nostro tempo non possono più essere governati a livello nazionale e non possono più essere appaltati a questa o quella famiglia politica, con il rischio che diventino ideologia anziché proposte di governo e soluzione dei problemi.

Ci sono voluti altri quindici anni dal 1989 quando Marco approfondì e specificò che lo Stato di diritto non è tale se non è democratico-federalista-laico e che deve essere accompagnato dal riconoscimento del nuovo diritto umano alla conoscenza.

Ho voluto fare questa premessa per sottolineare che il Partito Radicale, cioè noi, gli iscritti al Partito Radicale - questo è il Partito degli iscritti! - continuiamo quel percorso.

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C’è un rischio. Dobbiamo subito sgomberare il campo dai facili equivoci, nei quali si cerca di trascinarci in modo subdolo, questo perché ai nostri detrattori non manca il coraggio ma mancano le idee, devo quindi specificare e giustificare perché siamo particolarmente impegnati sull’Iran e non magari con la stessa forza sull’Ucraina o sulla situazione afghana, cinese o russa.

Noi abbiamo subito capito che in Iran è in corso una rivoluzione nonviolenta e femminista sulla quale si sono innestate una serie di problematiche sociali.

Non stiamo solo denunciando il sistema teocratico iraniano, ma stiamo sostenendo chi lo combatte; e quando noi diciamo Iran - ma anche Ucraina, Afghanistan, Russia, Cina … Europa - non è per dire cosa debbano fare i popoli di questi paesi, ma per ribadire che o il loro futuro è pienamente fondato sullo Stato di diritto o è altro, altro che noi cerchiamo di scongiurare perché portatore di nuove tragedie, come la storia ha purtroppo dimostrato.

Noi siamo certi che la caduta del regime teocratico iraniano farà da detonatore a rivoluzioni nonviolente e femministe in tutta l’area e non solo.

Crediamo che l’imposizione esteriore del velo, e quella più intima delle mutilazioni genitali femminili, siano le forme più significative della negazione alle donne dei diritti umani fondamentali. È inaccettabile, e non accettiamo, che violenze di questo genere possano essere considerate “eccezioni culturali”, sono violenze e basta e come tali vanno combattute a livello internazionale. Ultimamente il barbaro regime iraniano sta pianificando l’avvelenamento delle studentesse con lo scopo che le famiglie, per proteggerle, non le mandino più a scuola.

E ci occupiamo in particolare della rivoluzione iraniana perché è un fronte che gli Usa e l’Europa stanno lasciando scoperto. D’accordo che non ci si può occupare di tutto, ma non può essere considerata una notizia come un’altra, quella rilasciata dall’agenzia internazionale dell’energia atomica[1] secondo la quale nella centrale di Fordo l’uranio è stato arricchito fino al 83,7% e che quando sarà raggiunto il 90% si potranno realizzare testate atomiche. Noi ci chiediamo se siamo sicuri che Usa e Unione europea debbano restare a guardare quello che sta accadendo? O non è invece il caso di fermare la nuclearizzazione dei teocrati iraniani e sostenere le giovani femministe nonviolente.

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Situazione completamente diversa per quanto riguarda l’aggressione russa all’Ucraina dove l’attenzione e le attività di contrasto sono massime.

Sull’Ucraina, appena scattata l’aggressione da parte della Russia, abbiamo solidarizzato con gli aggrediti e chiesto un intervento militare americano ed europeo. Così come avevamo già fatto in occasione della guerra dei balcani nel decennio ’91-2001.

Ai pacifisti, dal nostro punto di vista, la storia non insegna niente.

In passato, Pannella ci ricordava spesso, perché ce ne ricordassimo nel futuro, quando nel 1938 Italia, Francia e Inghilterra, sostenuti dai pacifisti dell’epoca, siglarono il Patto di Monaco con il quale concedevano alla Germania nazista di sacrificare una parte della Cecoslovacchia concedendogli di occupare i sudeti per evitare la guerra, quella che sarebbe poi stata la seconda guerra mondiale.

E giacché ci siamo, dobbiamo ricordare anche il Patto Molotov Ribbentrop, con il quale nel 1939 Germania nazista e Russia comunista s'impegnavano reciprocamente a non aggredirsi. Il Patto era accompagnato da un protocollo segreto con il quale la Russia si vide riconoscere l’annessione della Polonia orientale, dei Paesi baltici e della Bessarabia con l’obiettivo di ristabilire i vecchi confini dell'Impero zarista, mentre la Germania si vide riconoscere l’annessione della parte occidentale della Polonia.

È del tutto evidente che l’attuale politica espansionistica di Putin coincide con quella di Stalin.

Non solo. Putin e il primate della Chiesa russo ortodossa Kirill, in passato agenti del Kgb, hanno manifestato pubblicamente e apertamente che la loro è una guerra contro l’occidente; Kirill addirittura affermando che l’aggressione all’Ucraina è “una lotta del bene contro la promozione dei modelli di vita peccaminosi e contrari alla fede cristiana, portati avanti dall’Occidente.” 

È stata aggredita l’Ucraina ma è stata dichiarata guerra a noi. La pace che noi vogliamo consiste nel lasciare libero il popolo ucraino e liberare il popolo russo perché, sia gli uni che gli altri, scelgano liberamente il proprio destino. Anche in questo caso, vale per l’Ucraina, per la Russia e anche per noi: lo Stato di diritto o è democratico-federalista-laico o non è.

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In questo quadro, la vicenda della Repubblica Popolare Cinese, occupata dal Partito Comunista Cinese, che si propone come mediatrice tra Russia ed Ucraina, ha come scopo primario di stabilire che potrà annettersi Taiwan quando vorrà. Per non dire che è poco credibile che un paese autoritario e totalitario come la Cina, possa essere il mediatore ideale, il garante, per superare un conflitto tra aggredito ed aggressore, avendo quest’ultimo le stesse caratteristiche autoritarie dell’aggressore.

I paesi occidentali hanno più di qualcosa da farsi perdonare nel rapporto con la Cina: l’occupazione del Tibet, la repressione degli uighuri, dei falun gong, e di ogni minoranza etnica e religiosa; per non parlare di Hong Kong, con il pericolo che fra poco si debba dare per persa anche Taiwan, e, oltre tutto questo, le condizioni di subordinazione e di limitazioni della libertà della maggioranza etnica cinese: in un regime comunista c’è vita e prosperità solo per i quadri del partito. Ma i paesi occidentali hanno da farsi perdonare l’errore degli errori che è stato fatto con la Cina: l’ingresso nel WTO, l’organizzazione del commercio internazionale consentendo alla Cina di esercitare una concorrenza sleale nei confronti dei produttori e trasformatori occidentali.

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Mentre nel mondo i regimi autoritari riescono a fare fronte comune, i regimi che si richiamano allo Stato di diritto concorrono, competono, sono in perenne lotta tra di loro così favorendo le operazioni cosiddette diplomatiche dei paesi autoritari.

Il nostro obiettivo è quello di ribadire che debba essere netta la distinzione tra regimi democratici ed autoritari, nella convinzione che i regimi democratici abbiano il dovere di contribuire alla caduta dei regimi autoritari per favorire la liberazione di quelle popolazioni.

Il Partito Radicale ha una piattaforma semplice ma densa di contenuti e di forza, una piattaforma che vale per i paesi autoritari, ma vale anche per i nostri paesi a definizione - un po’ meno a pratica - liberale e democratica, una piattaforma che abbiamo così sintetizzato: per i diritti umani di tutti e ovunque nel mondo.

Una proposizione che non solo connota la nostra azione politica ma che è costitutiva del Partito Radicale.

·      In questo senso abbiamo tenuto sinora 25 manifestazioni “donna vita libertà” che abbiamo iniziato nel momento in cui la rivoluzione nonviolenta femminista in Iran prendeva forma.

·      In questo senso continuiamo a tenere fermo il punto sulla riforma federalista delle istituzioni europee. Stati Uniti d’Europa non è uno slogan è un progetto politico che, evidentemente noi non possiamo abbandonare in prossimità delle elezioni europee. Segnalo che lo Statuto prevede che “Il Partito Radicale, per ribadire il proprio carattere transpartitico e transnazionale, non si presenta in quanto tale e con il proprio simbolo a competizioni elettorali.” Con questa avvertenza, il dibattito sulla prossima scadenza elettorale debba considerarsi aperto.

·      In questo senso dobbiamo proseguire la nostra campagna per la riforma radicale della giustizia nel nostro paese. Quante volte Marco Pannella ci ha avvertito della necessità di riconoscere e agire contro la peste italiana che avrebbe inevitabilmente infettato l’Europa. I dati ci dicono che non è solo la giustizia italiana a non essere giusta, che non sono solo le carceri italiane ad essere un luogo di violazione dei diritti umani fondamentali, delle leggi nazionali e dei trattati internazionali. Oggi, riformare la giustizia e le politiche penitenziarie in Italia significa dare la stura per riformarle in Europa. Abbiamo quindi la necessità di individuare uno strumento che consenta di essere presenti, vigili ed efficaci. Io credo che l’unico strumento che ci è ancora consentito di utilizzare sia quello referendario. L’incrocio tra la presenza elettorale e la promozione referendaria è una grande opportunità, sta a noi riuscire a coglierla.

·      In questo senso dobbiamo incardinare una iniziativa per rilanciare la necessità delle riforme istituzionali, con il Presidenzialismo e delle riforme elettorali con l’adozione di un sistema uninominale ad un turno.

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Dal Consiglio generale di giugno, passando per il congresso di novembre, molte cose sono cambiate. È bene non attardarsi e prenderne atto.

Essendo una costante della nostra piccola storia quotidiana e pur non avendo l’autorevolezza e ancor meno l’autorità di chi era addetto a questo compito, mi tocca ribadire per l’ennesima volta che il chiacchiericcio telefonico non è iniziativa politica e che fare politica nel partito anziché col partito, non fa bene al partito e nemmeno a chi lo fa.

Andando al sodo, così non perdiamo tempo, al momento non vi sono incompatibilità tra Segretario del partito e presidente della Lista e della Fondazione Pannella; né tra quella di Tesoriere e Garante dei detenuti della Sardegna. Voglio ringraziare anche qui Irene che ha accettato questo incarico molto oneroso e per noi molto importante. E’ indubbiamente un riconoscimento alla sua persona ma sappiamo bene ma che ci vede tutti molto apprensivi per quella che sarà la sua attività. Intanto, dopo la prima visita e in seguito alle sue comunicazioni, il Procuratore generale di Cagliari ha aperto un’inchiesta. La strada che Irene sta segnando è molto importante, diciamo che si può fare il garante anche senza galleggiare.

Andando a parlare di qualcosa che uno vorrebbe non accadesse mai, ma che poi puntualmente accade, non ci resta che prenderne atto e chiudere il capitolo.

Inoltre, come già rilevato dal Consiglio generale del giugno scorso, e come in qualche modo ribadito dal Congresso degli iscritti italiani di novembre, abbiamo subìto una iniziativa volta a sottrarre energie al Partito Radicale da parte di Nessuno Tocchi Caino. Nei giorni scorsi ho chiesto ai responsabili di NTC di non utilizzare il simbolo del partito e di non affermare che l’associazione è stata fondata dal Partito, perché l’affermazione non corrisponde alla verità dei fatti. Non avendo ricevuto alcuna risposta, procederemo per affermare la verità dei fatti. Pensa che sia doveroso informare il Consiglio generale di questo.

Rispetto a quella che è la più stretta attualità, ultimamente sembrerebbe che siamo diventati di moda … “il partito radicale di massa”. Io penso che venga citato per mancanza di argomentazioni. Ho trovato conferma di questo leggendo un articolo di una persona perbene che conosco, è stato deputato del partito democratico, Giorgio Merlo, che fa parte della componente popolare del PD. Ha scritto Merlo[2], attribuendo il concetto a Luca Ricolfi, che “la Schlein interpreta alla perfezione la trasformazione definitiva del Pd in un “partito radicale di massa”. Un partito, quindi, al di là delle solite e collaudate chiacchiere propagandistiche e demagogiche, che difende i diritti individuali, attenta a tutte le discriminazioni, sensibile alle ragioni dell’ambientalismo, non indifferente al populismo pentastellato, ovviamente giustizialista e manettaro e, in ultimo, teso a criminalizzare – seppur politicamente – tutti gli avversari che, come da copione, sono e restano nemici da annientare.”

E’ chiaro che questi non siamo noi! Cosa sta accadendo? Qualcosa che è già accaduto nel passato. Si tace del fatto che il Partito Radicale c’è, le iniziative che fa, le proposte; noi abbiamo votato alcuni mesi fa per dei referendum sulla giustizia che abbiamo voluto e sui quali siamo riusciti ad andare al voto, è da seottolineare che anche in questa occasione non abbiamo avuto quel ritorno mediatico che ci spettava di diritto.

Ma “il partito radicale di massa” non ha nulla a che vedere con le affermazioni degli anni ’70 da parte del filosofo della destra cattolica Augusto Del Noce.

Oggi ha a che vedere con quelle affermazioni che parlavano di “sinistra radicale” per non parlare del Partito Radicale; e poi di “Radicali italiani” per non parlare del Partito Radicale. Credo che dopo sette anni dovremo trovare il modo per fare un bilancio di quello che è accaduto rispetto a quella che si è voluta far passare per una operazione di “epurazione”. Vedere come altri sono stati più radicali e più capaci del Partito Radicale, per esempio ad aggregare persone. Radicali italiani ha un terzo degli iscritti del 2016, ma ha il 2 per mille con il quale ha triplicato il suo bilancio ed ha il 2 per mille in ragione del fatto che un deputato, sconosciuto, ha dichiarato di essere stato eletto per conto di Radicali italiani. Questo quando durante la campagna elettorale, il segretario di Radicali italiani scriveva che non avevavno candidati nelle liste del PD ma il PD gli avrebbe consentito di avere il 2 per mille. Questa non è la nostra storia. Questa è una storia che noi non conosciamo, rifiutiamo, neghiamo possa essere ricondotta a qualcosa che ha a che fare con il Partito Radicale.

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Voglio chiudere con una bella storia. Se dico “Luigi Zecca”, parlo di una persona della quale ho sentito parlare ma non ricordo la faccia per quanto è lontana nel tempo la sua storia. Ho cercato ed ho trovato un comunicato del 1972 del Movimento Federalista Europeo che dava notizia che nel Circolo Nello e Carlo Rosselli di Sondrio, un giovane valtellinese cattolico di Morbegno ha motivato il suo rifiuto di prestare il servizio militare, Luigi Zecca, primo obiettore di coscienza della provincia di Sondrio.

Fino alla fine degli anni ’80 è stato direttore amministrativo di Radio radicale, si è iscritto fino al 1986 al Partito Radicale, è morto l’anno scorso. Nel suo testamento, nella distribuzione dei suoi averi, al primo posto c’è il Partito Radicale. Quello degli anni ’80? No, questo! Perché sono uguali.

È incredibile, una persona che se va via dal partito anche in modo non tranquillo, dopo circa quarant’anni, fa testamento e, prima di parenti e quant’altri, al primo posto c’è il Partito Radicale.

Penso che questa è sì la vicenda di Luigi Zecca e lo ringraziamo, questa è la vicenda del Partito Radicale  È quel fiume carsico del quale parlava Marco, si semina e magari dopo quarant’anni vai a raccogliere i frutti di una storia che si era persa, si era persa la persona, quello che era stato, quello che aveva fatto.

Ma lui non ha mai perso il valore da dare al Partito Radicale, aldilà anche di noi, non l’ha fatto per noi o uno di noi, l’ha fatto per il Partito. Credo che valga soprattutto per gli altri, per chi non conosce il Partito Radicale, ma valga anche per noi. La vicenda di Luigi Zecca spiega meglio di tante altre parole quello che noi siamo, quello che noi stiamo facendo e dovremmo avere l’umiltà di riconoscerlo e di ricordarlo.

[1] https://www.iaea.org/sites/default/files/23/03/gov2023-8_fr.pdf
[2] https://www.ildomaniditalia.eu/perche-deve-vincere-la-schlein/