Privacy Policy Cookie Policy Termini e Condizioni

2006 01 15 * fondi strutturali * La questione meridionale * Maurizio Turco

LA QUESTIONE MERIDIONALE
libertà e legalità

ISTRUZIONE, LAVORO, GIUSTIZIA, SICUREZZA, INFRASTRUTTURE


Napoli, 15 gennaio 2006
convegno organizzato dalla Rosa nel Pugno


Relazione di Maurizio Turco

membro della Direzione Nazionale della Rosa nel Pugno
già Presidente dei deputati radicali al Parlamento europeo [1]


Partirò da una cifra: 81 miliardi di euro, pari a circa 162.000 miliardi di lire.
E’ la cifra di quanto sarà stato investito nel periodo 1994/2006 [2] per interventi strutturali nelle regioni meridionali che fanno parte dell’Obiettivo 1 dei fondi strutturali (FS). Per quanto riguarda il periodo anteriore al 1994, vi sono ancora da realizzare progetti del valore di 183 milioni di euro (260 miliardi di lire) [3].

L’ultima valutazione del Quadro Comunitario di Sostegno (QCS) relativo alle regioni meridionali comprese nell’Obiettivo 1 è quella presentata dalla Commissione europea nel 2003 ed è relativa al periodo 1994/1999 [4]. Un periodo nel quale, per la prima volta in Italia, le risorse comunitarie hanno rappresentato una quota importante della spesa pubblica per le regioni meridionali.

Nella valutazione di come sia stata gestita la programmazione e poi al realizzazione dei progetti, viene notato che “La bassa efficienza della pubblica amministrazione a livello nazionale, regionale e locale ha influenzato il QCS, ma, più in generale, influenza negativamente le condizioni dei mercati nelle regioni obiettivo 1 (localizzazione delle imprese, gestione urbana e del territorio, giustizia, ecc...)”.

In queste condizioni, quelli che dovevano essere investimenti destinati allo sviluppo delle regioni meridionali, si rivelano delle pie illusioni.

Gli investimenti fatti nel settore dei TRASPORTI hanno portato al miglioramento di alcune vie di comunicazione strategiche già esistenti, ma vi è stato uno scarso ampliamento delle comunicazioni stradali e ferroviarie. Il sostegno alla modalità ferroviaria rispetto a quella stradale è stato debole. Vi sono stati anche lavori di riqualificazione e ampliamento in alcuni aeroporti e porti. Ma, in conclusione, quasi tutti i lavori svolti erano parte di interventi più grandi e quindi il loro impatto è per il momento modesto.

Per quanto riguarda l’INDUSTRIA vi è stata scarsa integrazione con le politiche per la formazione o la ricerca.

Per quanto riguarda il TURISMO sono mancati interventi integrati a livello territoriale e politiche di diversificazione dell'offerta su ampia scala geografica e strategica.

Ed anche per l'AGRICOLTURA E LO SVILUPPO RURALE vi sono stati buoni risultati in termini di aumento della produttività, ma che sono stati favoriti in parte dalla progressiva caduta dell'occupazione. Scarsi risultati in termini di innovazione tecnologica, sviluppo rurale, e diversificazione delle attività produttive; così come è mancata anche una politica di filiera che collegasse in modo organico l'intero sistema agroalimentare. A questo riguardo vorrei sottolineare che in Italia, nel 2002, poco meno di 300 imprese hanno ricevuto oltre 500mila euro ciascuna, mentre al restante 87% delle aziende è andato solamente un quarto dei fondi, con un aiuto medio inferiore a 5mila euro ad azienda [5].

E ce n’è anche per quanto investito nelle INFRASTRUTTURE ECONOMICHE.

Vi è stato un importante sostegno alla manutenzione delle infrastrutture idriche ma limitati sono stati gli interventi di ampliamento dell’offerta con risultati decisamente inferiori alle attese. E quindi il problema delle risorse idriche appare ancora lontano da una soluzione accettabile.

Gli interventi a completamento e rafforzamento dell’offerta esistente di energia sono stati limitati e quasi nullo è stato il sostegno alle fonti rinnovabili.

Per quanto riguarda l’ambiente gli interventi sono stati inferiori alle necessità, soprattutto nel settore dello smaltimento dei rifiuti e non hanno dimostrato una chiara strategia territoriale.

E’ vero che si sono realizzati importanti progetti di ricerca, ma vi è stato un debole coinvolgimento delle Piccole e Medie Imprese; così come sono risultati inefficaci e limitati soprattutto gli interventi di trasferimento tecnologico.

E ancora, per quanto riguarda le RISORSE UMANE, i programmi del Fondo Sociale Europeo hanno raggiunto un numero molto vasto di beneficiari ma all’ampiezza dell’intervento non ha corrisposto una altrettanto diffusa efficacia. Sono inoltre mancati i legami tra il sostegno alle risorse umane e il settore produttivo e, non a caso, la formazione continua è stato l’intervento maggiormente penalizzato dalle riprogrammazioni. Infine, l’assenza di un sistema di servizi all’occupazione e l’utilizzo della formazione come unico strumento di inserimento hanno limitato l’efficacia degli interventi.

Questo è accaduto per l’assenza di una visione generale del modello di sviluppo del mezzogiorno che non ha permesso una chiara scelta in termini di priorità e concentrazione delle risorse.

E’ accaduto per la mancanza a livello nazionale di una programmazione regionale e settoriale che non ha facilitato l’individuazione delle priorità e la loro integrazione con le politiche nazionali e è accaduto per la scarsa attenzione agli aspetti territoriali e  istituzionali della strategia.

Ma cos’è tutto questo se non un immenso spreco di risorse pubbliche, cioè di una inammissibile e intollerabile incapacità di Governo?

E’ dunque centrale il problema della gestione dei fondi pubblici.

81 miliardi di euro: uno tsunami che ha colpito le regioni meridionali ma non le ha cambiate.

81 miliardi di euro: 4 volte e mezzo lo stanziamento previsto nel 1950 al momento dell’avvio della Cassa per il Mezzogiorno per i primi sette anni di funzionamento. Poco meno del 60% di quanto speso in quarant’anni di intervento straordinario, prima dalla Cassa per Mezzogiorno e poi dall’Agenzia per la promozione dello sviluppo nel Mezzogiorno.

La cosa impressionante è che nei primi periodi i fondi strutturali tornavano indietro perché non venivano spesi completamente. Nel secondo periodo però, quando quei soldi sono stati spesi, è stato ancora peggio. L’evidenza di questa situazione sta nel fatto che l’Italia è sotto osservazione continua da parte dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF).

Se noi prendiamo gli esempi dell’utilizzo dei fondi in Grecia, in Spagna, in Portogallo, e non parliamo dell’Irlanda, questi hanno cambiato il paese. Nel Meridione invece quei soldi non solo non hanno cambiato quel sistema, ma hanno contribuito ad ingessarlo e consolidarlo. Esattamente il fine contrario rispetto a quello istituzionale dei fondi, che è quello di liberare la società e di contribuire allo sviluppo.

La questione della mafia va poi chiarita. C’è la criminalità, c’è il sistema mafioso, direi sociale come diceva Falcone, di rapporti, di consuetudini, di modi di vivere, qualcosa di culturale, e poi c’è qualcosa di più grave, su cui non si lavora. È quello che aveva capito Falcone, quando diceva che si deve metter mano sui grandi trasferimenti finanziari, cosa mai fatta.

Il problema non è chi è mafioso, il problema è qual è il sistema con cui quelle regioni vengono governate, cioè occupate dai partiti.

Nonostante questi investimenti la crescita delle regioni meridionali è debole, crescita indotta da una spesa pubblica di bassa qualità che non riesce a diventare fattore strutturale di crescita e potenziale di sviluppo. Mentre è rimasto sostanzialmente inalterato il divario fra il centro-nord e il sud del paese, con l’economia meridionale che è diventata, in questi anni, meno dipendente ma anche meno competitiva.

E’ certo: bisogna finirla con gli incentivi destinati a pochi a spese degli investimenti strutturali utili a tutti. Così come è certa la manifesta incapacità di governo. Ed è anche certo che i costi della politica, e non solo economici, sono enormi.

Eppure ancora oggi il Meridione è e rimane quello che è sempre stato: una grande Questione. Ma oggi la questione meridionale è davvero questione nazionale, solo che al Mezzogiorno serve, in maniera più energica, quello che serve all’intero paese.

Senza il ripristino della legalità, senza il rispetto delle regole, senza giustizia non c’è sviluppo alcuno. Ci siamo illusi per decenni che il denaro avrebbe potuto sopperire alla violazione della legalità e alla mancanza di giustizia.

Alla stragrande maggioranza dei cittadini di questo paese, per vivere, servono come il pane il ripristino della legalità e il ritorno della giustizia.

La lotta per il ripristino della legalità e della giustizia, premesse di libertà ed uguaglianza, è la lotta dei laici, dei liberali, dei socialisti, dei radicali. E’ la lotta della Rosa nel Pugno.

_____________________

1 relatore sulla decima relazione annuale sui Fondi strutturali 1998;

sulla dodicesima relazione annuale sui Fondi strutturali 2000;
sulla relazione annuale del Fondo di coesione 2000 - COM 2001;
sulla relazione annuale dello strumento per le politiche strutturali di preadesione ISPA 2000.

2 35,389 miliardi di euro per il periodo 1994/1999 e 46,073 miliardi di euro per il periodo 2000/2006

3 risposta del commissario europeo Michel Barnier all’interrogazione P2039/02 di Maurizio Turco

4 valutazione ex-post del Quadro Comunitario di Sostegno - Obiettivo 1 - 1994-1999 Italia, Executive summary, Novembre 2002 (ISMERI Europa)

5 interrogazione E-3459/05 di Giovanni Pittella, Guido Sacconi e Vincenzo Lavarra alla Commissione europea