Repubblica l’ha accusato di aver cambiato casacca e idee sui finanziamenti alla Chiesa e sul comunismo e ha contestato la sua partecipazione alla commissione governativa per l’esame dell’otto per mille. Colpa di quegli articoli su Avvenire, in cui il professor Carlo Cardia parla del Papa, dei Dico e del Family Day. Ecco la risposta del giurista.
Professor Cardia, Repubblica sviluppa la sua inchiesta chiedendole implicitamente di dimettersi dalla commissione dell’otto per mille. Come risponde?
È la prima volta in cui in Italia si chiedono le dimissioni da una commissione tecnica per aver scritto un articolo su Avvenire. Questo è il risultato di una campagna laicista e bisogna avere molta pazienza, anche se mi sembrano metodi da piccoli Torquemada.
Curzio Maltese le rinfaccia il passato nel Pci e la accusa di aver cambiato campo...
È triste che si parli come se esistessero ancora campi di battaglia in questo Paese. Sono stato con Berlinguer da giovanissimo e, in sua rappresentanza insieme al senatore Paolo Bufalini, ho trattato per il Con- cordato con la Santa Sede. È stata una delle fasi più ricche e belle della mia vita. Un giorno Berlinguer mi disse: «purché vi sia libertà di adesione all’insegnamento religioso, questo è molto importante perché trasmette dei valori ai giovani». Quello è il mondo da cui provengo.
Repubblica la accusa di incoerenza, ricordando che nel 2001 lei si esprimeva per la revisione dell’otto per mille...
Fa cattiva informazione, in quanto la mia opinione non è cambiata. L’ho ripetuto anche di recente in un convegno pubblico, di fronte ai vertici della Cei: poiché la progressione dei 'voti' espressi dai contribuenti in favore della Chiesa cattolica può portare a somme eccessive, ho proposto di abbassare l’otto per mille a sette. Questo ho scritto e penso tutt’oggi. Del resto, diversamente da un massimalista, un riformatore, se ritiene che una norma vada adeguata, lo propone in serenità e indipendenza di spirito. Dov’è l’incoerenza se, pensandola in questo modo, difendo la Chiesa quando viene paragonata a una casta?
Perché accusa Repubblica di disinformazione?
Perché fornisce delle cifre senza spiegarne l’utilizzo e senza illustrare le vere attività ecclesiali. Quest’inchiesta ha un peccato originale: vuole mettere in parallelo i costi della Chiesa e quelli della politica.
Parliamo dei contenuti giuridici delle accuse: il sistema delle quote non espresse, che in gran parte vanno alla Chiesa cattolica, rispetta il principio della volontarietà del contribuente?
Il sistema complessivo si fonda proprio sulla volontà dei cittadini, ma non dimentichiamo come è nato: si è voluto, come per l’elezione del Parlamento, incentivare la partecipazione. È evidente che si tratta di un meccanismo su cui è possibile discutere, purché lo si faccia con serenità, senza voler distruggere tutto.
L’otto per mille favorisce una Chiesa rispetto alle altre?
No, il meccanismo è identico per tutti, tant’è vero che tutte le Chiese, tranne pentecostali e battisti (questi ultimi non partecipano all’otto per mille), hanno ottenuto (o stanno ottenendo) di aderire alla distribuzione delle quote non espresse. Ovviamente, la quota della Chiesa cattolica riflette i 'voti' che essa raccoglie al momento della dichiarazione dei redditi. In Italia i cattolici sono maggioranza, c’è chi non lo sopporta, ma la Storia non è una colpa. E neanche la realtà dei fatti.
Allora facciamo chiarezza su un fatto: cosa deve finanziare l’otto per mille?
È noto che sostituì la congrua, ma non deve essere usato solo per pagare lo stipendio ai preti. La legge prevede anche altri scopi, dagli edifici di culto alle iniziative caritative. Quella del sostentamento del clero è una finalità primaria ma non esclusiva.
È vero, come sostengono i detrattori dell’otto per mille, che altri Paesi hanno scelto soluzioni più funzionali e democratiche?