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2001 06 17 * La Repubblica * Spiati per l'aeroporto in Mongolia così fu battuta l'italiana Alenia * Emilio Piervincenzi

I dirigenti dell'azienda: "Per quell'appalto del '97 siamo stati truffati"

 

Roma - Quando il governo allora guidato da Natsagiyn Bagabandi estrasse l'offerta in busta chiusa della Raytheon Aircraft, probabilmente stentò a credere alla cifra che aveva sotto gli occhi. La lesse più volte, la cifra che i dirigenti del colosso aeronautico americano avevano indicato. Il ribasso era così forte, la proposta così vantaggiosa, che era veramente impossibile da rifiutare. Così, con undici milioni di dollari, l'aeroporto di Ulan Bator, capitale della Mongolia, ottocentomila abitanti e non tanti affari da combinare, poteva essere appaltato. La Raytheon aveva non battuto, ma annientato la concorrenza. Concorrenza non di poco conto. C'era la francese Siemens, la giapponese Itochu, e l'italiana Alenia. Ma tutte e tre le offerte erano nettamente superiori: la Siemens voleva 16 milioni di dollari - oltre 350 miliardi di lire - per fornire l'aeroporto di una nuove torre di controllo, nuovi radar, nuovi sistemi di gestione del traffico aereo; la giapponese Itochu di milioni ne voleva 21, l'italiana Alenia ne aveva chiesti 19.
Invece vinse Raytheon. "A quella cifra, se me l'avessero proposto senza nemmeno fare la gara, come Alenia avrei detto di no", ricorda oggi quello stranissimo appalto che ormai data 1997 l'ingegner Giancarlo Elmi, direttore marketing e vendite di Alenia Marconi System, divisione controllo traffico aeroporti. "Una cifra bassissima, secondo me non conveniente. A meno che la Raytheon non avesse deciso di prenderlo comunque quell'appalto".

E se le dicessimo che Raytheon ha vinto grazie a Echelon?
"Echelon? Certo, sappiamo benissimo e da diversi anni di essere spiati. Infatti i telefoni di noi dirigenti sono criptati, fax ed email non ne mandiamo, manteniamo con rigore la prima regola che un'azienda come la nostra deve sempre rispettare: il silenzio".

Solo così si può aggirare Echelon?
"No, si aggira con la consapevolezza che ogni comunicazione che circola nell'aria è facilmente registrabile".

Evidentemente un'azienda americana leader nel settore aerospoaziale che lavora a stretto giro con l'Nsa, la National security agency, aveva qualche interesse nel mettere i suoi radar in Mongolia, che confina con il territorio cinese. Non le sembra?
"Ipotesi credibile. Ma perché insiste tanto con Ulan Bator, in fondo un appaltino, quando Echelon ci ha portato via ben altri affari".

Come, ingegner Elmi? A che cosa si riferisce esattamente?
"All'appalto per la gara della copertura radar dell'Amazzonia. Millequattrocento milioni di dollari, non una cosetta".

Si spieghi meglio.
"Beh, siamo intorno al ÿ94'95 e il governo brasiliano indice una gara d'appalto per realizzare un sistema radar di copertura della foresta amazzonica. Si tratta di un lavoro molto importante, che prevede la realizzazione di una ventina di radar, otto satelliti di meteorologia, insomma un progetto di alto livello che mira a monitorare 24 ore su 24 l'intera foresta. C'è un'azienda brasiliana che fallisce ed ecco che scatta la gara. Partecipiamo noi, insieme alla tedesca Dasa; la francese Thomson e la solita Raytheon...".

Mi faccia indovinare. Vinse la Raytheon.
"Proprio così. Ci rimanemmo molto male, perché sia noi che i francesi lavorammo molto sull'appalto. Millequattrocento milioni di dollari sono, al cambio attuale, circa 3mila miliardi di lire. Una bella cifra. Altro che l'Ulan Bator Airport".

Perché sostiene che fu Echelon, che evidentemente spiò sia voi che i francesi, ad avere un ruolo determinante nella gara d'appalto?
"Perché non molti giorni dopo averla perduta, quella gara, perdendo anche alcune centinaia di milioni di lire per la preparazione dell'appalto, lessi alcuni documenti che mi convinsero che certe nostre posizioni e idee erano state spiate e riversate al nostro rivale. Non so come sia potuto accadere, ma sono convinto che accadde".