“Il giorno 12 luglio 2010 il tribunale di Milano ha condannato il generale dell'Arma dei CC Giampaolo Ganzer alla pena di anni 14, all'interdizione perpetua dai pubblici uffici e alla multa di 65mila euro.
Il 14 luglio abbiamo immediatamente presentato una interrogazione parlamentare (4-08009)
al Ministro della Difesa per conoscere «quali immediati provvedimenti intenderà
adottare il Ministro interrogato nei confronti dei predetti militari, quale sia
la loro posizione di stato alla data del pronunciamento della sentenza e quali siano
le motivazioni addotte dall'amministrazione». Interrogazione che attende ancora
una risposta.
All’epoca del pronunciamento dei giudici era in vigore la legge 10 aprile 1954,
n. 113 che all’articolo 29 stabiliva inequivocabilmente che «Quando, però, da un
procedimento penale comunque definito emergano fatti o circostanze che possano rendere
l'ufficiale passibile di provvedimenti disciplinari di stato, l'ufficiale deve essere
sottoposto a procedimento disciplinare.».
Il 9 ottobre 2010 il decreto legislativo 15 marzo 23010, n. 66 all'articolo 2268,
n. 390, ha abrogato la legge 10 aprile 1954, n. 113; ed ha stabilito all’articolo
922 che al personale militare continuano ad applicarsi le ipotesi di sospensione
dall'impiego previste dall’articolo 4 della legge 27 marzo 2001, n. 97. (Norme sul
rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato
penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche).
Il giorno 27 dicembre 2010 i giudici del Tribunale di Milano hanno depositato le
motivazioni della sentenza di condanna del generale dell'arma dei carabinieri Giampaolo
Ganzer in cui si legge, secondo quanto riportato dalle maggiori agenzie di stampa,
''non si e' fatto scrupolo di accordarsi'' con ''pericolosissimi trafficanti'' ed
ancora ''di essere leale con gli altri organi dello Stato con i quali avrebbe dovuto
collaborare''; ''fare rispettare le leggi dello Stato, quello di contrastare la
delinquenza e non favorirla (...), quello di essere d'esempio per tutti gli uomini
che gli erano stati affidati''. L'imputato, scrivono ancora i giudici secondo le
agenzie ''ha evitato, per quanto gli è stato possibile, di esporsi, facendo figurare
altri come responsabili di iniziative che invece erano sue''. Colpisce, si legge
ancora nelle motivazioni, ''nel comportamento processuale di Ganzer, non tanto il
fatto che non abbia avuto alcun momento di resipiscenza (...) ma che abbia preso
le distanze da tutte le persone che, con il suo incoraggiamento, avevano commesso
i fatti in contestazione''. Il generale, secondo i giudici, si è trincerato ''sempre
dietro la non conoscenza e la mancata (e sleale) informazione da parte dei suoi
sottoposti''. Così, si legge ancora, per ''sfuggire alle gravissime responsabilità''
ha ''preferito vestire i panni di un distratto burocrate che firmava gli atti che
gli venivano sottoposti''.
Il 29 dicembre sempre fonti di
stampa riportavano la notizia che il generale Ganzer in una intervista al quotidiano
“Libero” ha spiegato di non pensare alle dimissioni, anche se, dice, ''sono un servitore
dello Stato e accetterò tutto quello che mi viene ordinato. ''Rimango al mio posto,
continuo a fare il mio lavoro come sempre - afferma - perché sento l'Arma con me''
e ''semmai le pressioni sono di carattere mediatico''. A poche ore di distanza dalle
dichiarazioni di Ganzer le agenzie rilanciano quelle del Ministro della difesa che
avrebbe affermato ''Finora non ho parlato perché ho avuto modo di leggere soltanto
i resoconti giornalistici ma mi ripropongo di intervenire quando avrò letto le motivazioni
della sentenza e dopo essermi consultato con il comandante dei Carabinieri e con
il Capo di Stato maggiore della Difesa''; ''Una cosa però mi sento di dirla. Al
di là di questa controversa vicenda, la carriera del generale Ganzer è di grande
valore e nulla potrà cambiare o togliere ciò che di buono ha fatto per il Paese''.
''Per il momento - conclude - attendiamo che l'iter giudiziario faccia il suo corso''.
La pronuncia di primo grado avrebbe comportato, ai sensi dell'art. 29, comma 4 della
legge 113/54 e successivamente dell'art. 922 del D.lgs 66/2010, l'obbligo per il
ministro La Russa di procedere disciplinarmente nei confronti del militare condannato
ma ciò non sembra sia stato fatto. Tuttavia la legge 27 marzo 2001, n. 97 (Norme
sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del
giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche) all'
Art. 4, comma 1 (Sospensione a seguito di condanna non definitiva) prevede che nel
caso di condanna anche non definitiva, ancorché' sia concessa la sospensione condizionale
della pena, per alcuno dei delitti previsti dagli artt. 314, primo comma, 317, 318,
319, 319-ter e 320 del codice penale i dipendenti sono sospesi dal servizio.
La conoscenza delle motivazioni da parte del Ministro quindi è ininfluente sugli
obblighi che la legge gli impone, ovvero quello di sospendere dal servizio il generale
Ganzer.
La corretta lettura congiunta delle differenti norme dell’Ordinamento militare e
quelle più generali che regolano i rapporti tra le pubbliche amministrazioni e i
dipendenti, come in effetti lo è il generale Giampaolo Ganzer, proprio in virtu'
dei reati commessi, ancorché sanzionati con sentenza non definitiva, impone la sospensione
d'autorità dal servizio.
Perché il Ministro della difesa non ha applicato la legge e non ha sospeso il generale
Ganzer quando invece, in altre occasioni, dove il procedimento penale ha riguardato
dei sottufficiali assolti o è ancora in fase di dibattimento, per fatti non contemplati
dalla legge 97/2001, ha applicato la sospensione dal servizio come ulteriore sanzione
o come precauzione per salvaguardare la stessa amministrazione militare?
I deputati radicali hanno presentato una ulteriore interrogazione parlamentare qualora
all'Ufficio legislativo del Ministero fosse sfuggito l'impatto di alcune recenti
modifiche legislative sulla permanenza del generale Ganzer al suo posto di responsabilità.
Sta ora al Ministro La Russa decidere se procedere secondo legge o se sarà necessario
rivolgersi alla magistratura perché questo avvenga.”