La democrazia e lo Stato di diritto stessi si basano sulla pubblicità non solo delle leggi e delle norme, ma anche del processo decisionale, comprendendo cosi tutti gli atti (proposte, emendamenti, discussioni, votazioni, pareri giuridici, relazioni, rapporti, etc) che contribuiscono all'elaborazione di una decisione che ha effetti sui cittadini. L'Unione europea, ed anche l'Italia, devono garantire questi principi fondamentali, che permettono di avvicinare i cittadini alle istituzioni e di partecipare alla vita pubblica, secondo il principio di conoscere per deliberare. Questa sentenza rafforza ulteriormente la campagna Radicale per la trasparenza in Italia ed in Europa.
Ringrazio la Svezia, la Finlandia e la Danimarca per avere appoggiato la causa della trasparenza, osteggiata invece dalla Commissione e dal Regno Unito.
Un ringraziamento davvero sentito all'avvocato Onno Brouwer per aver voluto coniugare la sua scienza alla nostra determinazione politica e ad Ottavio Marzocchi, funzionario del gruppo liberale al Parlamento europeo, profondo conoscitore e strenuo difensore delle politiche di trasparenza all'interno dell'Unione europea.
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Nota sul caso Turco:
Maurizio Turco aveva richiesto il 22 ottobre 2002 al Consiglio l'accesso ai documenti all'ordine del giorno di una riunione del Consiglio «Giustizia e affari interni», tra i quali il parere del servizio giuridico del Consiglio relativo ad una proposta di direttiva recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri. Tale accesso gli era stato negato dal Consiglio, come pure dal Tribunale di primo grado dell'UE. Turco e Svezia avevano quindi fatto ricorso contro la sentenza davanti alla Corte di Giustizia.
La Corte ha affermato oggi - smentendo il Consiglio dell'UE (ovvero l'organo nel quale siedono i Ministri europei), la Commissione ed il Regno Unito, nonché la sentenza del Tribunale di primo grado, e dando ragione a Svezia, Finlandia e Danimarca - che:
- Le norme europee sulla trasparenza, ed in particolare il regolamento sull'accesso ai documenti, impongono l'obbligo di divulgare i pareri del servizio giuridico del Consiglio relativi ai procedimenti legislativi, con limitatissime deroghe (procedimenti legislativi dal contenuto particolarmente sensibile o una portata particolarmente estesa, che vada al di là dell'ambito del procedimento legislativo: in questi casi l'istituzione deve motivare il diniego in modo circostanziato).
- La trasparenza, che contribuisce ad una maggiore legittimità dei servizi giuridici agli occhi dei cittadini e ad accrescere la fiducia di questi ultimi nell'UE, primeggia su altre considerazioni: la divulgazione dei documenti contenenti il parere del servizio giuridico di un'istituzione su questioni giuridiche sorte nel corso del dibattito sulle iniziative legislative è idonea ad aumentare la trasparenza e a rafforzare il diritto democratico dei cittadini europei di controllare le informazioni che hanno costituito il fondamento di un atto legislativo.
- il Consiglio deve effettuare un esame dettagliato ed in più fasi per verificare se un documento come i pareri giuridici debba non essere diffuso (verifica della natura reale e sostanziale del documento, della possibilità di divulgare parti del documento, dell'esistenza di un interesse pubblico prevalente che giustifichi la divulgazione)
- le giustificazioni avanzate dal Consiglio nel corso del procedimento per non rendere pubblico l'atto non sono sufficienti: dire che la divulgazione potrebbe far sorgere dubbi circa la legalità dell'atto legislativo, o che l'indipendenza del servizio giuridico del Consiglio è messa in pericolo dalla divulgazione dei pareri giuridici, sono affermazioni astratte ed ipotetiche.
- La Corte ha quindi annullato la sentenza del Tribunale di primo grado come pure la decisione del Consiglio che ha negato al sig. Turco l'accesso al documento richiesto.