"Quanti oggi commentano il confronto per le presidenziali francesi rappresentandolo come una prova che avrebbe segnato punti a favore del candidato dell'UMP, lo fanno, peraltro in modo poco convincente, sotto l'effetto di una cataratta ideologica che li porta ad assumere posizioni aprioristiche di principio. Da subito il dibattito ha mostrato un Sarkozy in una posizione e con argomentazioni che richiamano quelle di Berlusconi durante l'ultima campagna elettorale. L'aver trovato una situazione "catastrofica" avrebbe impedito a lui e al suo governo di attuare le necessarie riforme, nonostante una buona maggioranza parlamentare. L'operazione che è apparsa con chiarezza è il tentativo che Sarkozy ha condotto di sganciarsi completamente dal passato, come se negli ultimi dieci anni avesse fatto politica altrove, e di presentarsi come l'unico in grado di assicurare alla politica francese quel rinnovamento, necessario proprio alla luce del passato. Entrando nel vivo e nei temi concreti, abbiamo visto un Sarkozy incentrato su principi di accentramento dello Stato, mentre la sua interlocutrice si è espressa in direzione opposta. Sulle questioni relative alla criminalità è lo stesso Sarkozy che spiega come andrebbe superato il piano "Tolleranza Zero", da lui stesso attuato e oggettivamente fallito, cifre alla mano. Dove sarebbe questo afflato riformatore? Nell'aumentare le imposte sulle importazioni per finanziare la previdenza sociale? Nel sostenere che coloro che auspicano l'entrata della Turchia in Europa sono quelli che "non credono all'Europa politica" e che il motivo ostativo sarebbe che la Turchia "è Asia Minore, non Europa"? Certamente l'elezione di Sarkozy può rappresentare una grande opportunità per alcuni in Francia, non per il Paese e ancor meno per l'Europa."