"E' sconcertante apprendere che il Presidente del Consiglio sia convinto che l'otto per mille attribuito alla Chiesa lo sia in base "a una libera scelta dei cittadini" e che sia "tra quei ricavi delle imposte che vengono meglio utilizzati non solo a sostegno della Chiesa, ma in favore dell'intera comunità nazionale e dei Paesi del terzo mondo". Il Presidente non sa che c'è una commissione preposta alla revisione della quota del gettito Irpef destinata alle finalità previste dalla legge, e che nonostante la sua crescita esponenziale negli ultimi anni -la Chiesa Cattolica ha incassato 303 milioni di euro nel 1993 e 1miliardo di euro nel 2003- non ha mai rivisto un bel nulla? Il Presidente non sa che lo Stato rinuncia sistematicamente a pubblicizzare l'utilizzo dei fondi dell'otto per mille ad esso destinati e a promuovere campagne pubblicitarie che incentivino i contribuenti ad esprimere le loro scelte a favore dello Stato, a fronte di una costante campagna pubblicitaria sulle reti televisive pubbliche da parte del soggetto concorrente Chiesa Cattolica? Il Presidente non sa che la legge ha chiaramente costruito un modello che consenta ai cittadini - oltre che al Ministero dell'Interno che per legge è tenuto a ricevere la rendicontazione - di controllare e verificare se l'ingente somma di denaro assegnata alle confessioni religiose sia stata spesa per le finalità predefinite? Il Presidente non sa che la stessa Conferenza Episcopale Italiana nel 2003 ha dichiarato di spendere per interventi caritativi (in Italia e nel Mondo) 185milioni di euro su oltre 1 milirdo di introiti? Il Presidente del Consiglio tratta la questione dell'otto per mille come una professione di fede, mentre il suo compito e le sue responsabilità istituzionali gli impongono di trattarla come una questione di legalità violata."