DICHIARAZIONE DI VOTO - A NOME DEI DEPUTATI RADICALI - DI MAURIZIO TURCO, MARCO CAPPATO E GIANFRANCO DELL'ALBA PER MOTIVARE L'ASTENSIONE NEL VOTO CHE "DEPLORA CHE ... PERMANGA UNA SITUAZIONE DI CONCENTRAZIONE DEL POTERE MEDIATICO NELLE MANI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO" DELLA REPUBBLICA ITALIANA. (RAPPORTO SYLLA)
Strasburgo, 4 settembre 2003 - "Il 4 aprile 1996, nella sede di Mediaset, a Cologno Monzese, nel corso di un comizio elettorale, la berlusconiana holding Mediaset venne tra l'altro definita: "Una grande azienda del paese ... una grande impresa della Comunicazione ... un Patrimonio dell'Italia ... un patrimonio del lavoro e di competenze che appartiene al paese". Non erano definizioni di Silvio Berlusconi ma di Massimo D'Alema, leader post-comunista dell'allora PDS, oggi DS, che meno di un anno dopo sarebbe stato eletto d'intesa con Silvio Berlusconi e l'intero centrodestra Presidente della Bicamerale (un tentativo di Convenzione) e subito dopo Presidente del Consiglio in luogo di Romano Prodi. Individuare nella concentrazione di potere proprietario mediatico di Silvio Berlusconi la maggiore, gravosa ipoteca sullla realtà dell'informazione e della stessa democrazia in Italia è operazione profondamente errata, demagogica, settaria e menzognera. L'assenza grave di regole liberali che disciplinino conflitti d'interessi e concentrazioni oligopolistiche in difesa dello Stato di diritto e delle libertà civili è, questa assenza, dovuta ad oltre cinquantanni di partitocrazia, ed oltre un trentennio di monopolio assoluto della Rai-TV cui negli ultimi quindici anni è succeduto il progressivo formarsi di un duopolio. Anche in quest'ultimo periodo fu questa la scelta dello schieramento di sinistra almeno tanto quanto quello di destra. In realtà, il mondo dell'informazione audiovisiva e il suo immenso potere di condizionamento della realtà italiana, è dominato da gruppi di poteri giornalistici, in genere di centrosinistra, di sinistra anche estrema, che costituiscono un vero e proprio partito che ha dominato finora la Rai TV ed è presente in Mediaset ai massimi livelli professionali. Il solo Partito Radicale ha posto sin dall'inizio degli anni '60 la lotta contro "i ladri di verità e d'informazione", ad ogni livello giudiziario, politico, di grandi campagne nonviolente e di iniziative referendarie vincenti. E' sicuramente responsabilità e scelta anche di Silvio Berlusconi e delle sue imprese quella di aver, sin dall'inizio degli anni '90, voluto mutare il suo inizialmente modesto impero mediatico in uno strumento non dissimile dalla Rai TV al servizio della propria "discesa in politica". Ma questo suo tentativo è riuscito solo in parte e suoi massimi esponenti giornalistici "moderano" e sostengono grandi manifestazioni, elettorali e non, dei suoi nemici politici. E' questa una caratteristica propria della realtà italiana, di quel "Caso Italia" che trova in Silvio Berlusconi, semmai, un continuatore e non un oppositore o riformatore come si era candidato ad essere e fare. I deputati radicali, di conseguenza, si astengono nel voto che "deplora che ... permanga una situazione di concentrazione del potere mediatico nelle mani del presidente del Consiglio". Ci si trova, ormai, probabilmente, purtroppo dinanzi a feroci lotte di potere, che potrebbero giungere anche "all'ultimo sangue". Ma pur sempre lotte interne a sistemi non solamente politici, ma anche economici o letteralmente criminali."