Privacy Policy Cookie Policy Termini e Condizioni

2003-05-17_41bis

41bis
SALVATE IL CITTADINO RIINA

Roma, 17 maggio 2003 - Curate Riina come un cittadino qualsiasi. Che le sacrosante esigenze di sicurezza nei confronti di un capo mafioso non pregiudichino lo stato di salute di un cittadino italiano," hanno dichiarato Sergio D'Elia, Segretario di Nessuno tocchi Caino e Maurizio Turco, presidente degli eurodeputati radicali, alla notizia del ricovero in ospedale di Toto’ Riina per un infarto. "E' proprio in casi come questo che lo Stato deve mostrare tutta la sua forza, che consiste innanzitutto nel diritto e nel garantire ad un suo nemico quei diritti umani fondamentali che lui ha negato alle sue vittime. Che non accada a Riina quel che è già accaduto a molti detenuti in 41bis." Il riferimento è a quanto già contenuto nel libro-denuncia "Tortura Democratica", pubblicato alcuni mesi fa proprio da Sergio D'Elia e Maurizio Turco, il quale in queste ore è anche in sciopero della fame per la gravissima situazione sanitaria nelle carceri siciliane. Nel capitol…Malattia e morte nel carcere dur… del libro sono decritti numerosi casi di detenuti infartuati, colpiti da ictus, malati di cancro, paralizzati o costretti sulla sedia a rotelle, la cui malattia è stata diagnosticata in ritardo, che sono arrivati in ospedale quando non c'era più nulla da fare oppure che sono stati riportati in carcere subito dopo una delicata operazione chirurgica e abbandonati nella propria cella senza neanche un 'piantone'. Non esistono statistiche ufficiali, ma i due esponenti radicali hanno anche ricostruito i casi di almeno 17 detenuti morti in 41bis, in una cella o in ospedale o a casa dove erano stati mandati a finire i pochissimi giorni rimasti della loro vita. "Chissà quanti potevano essere salvati - hanno commentato D'Elia e Turco - se il loro male fosse stato preso in tempo o se fossero stati curati adeguatamente. Già per i detenuti 'normali' la cura della salute è un optional, per quelli in 41bis è pressoché nulla, affidata al buon cuore di operatori penitenziari, spesso degli stessi agenti di custodia, ovvero usata come arma di ricatto finalizzata al pentimento."