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2002-11-05_giustizia

GIUSTIZIA
41 BIS - MINISTRO CASTELLI NON FACCIA MORIRE ANTONIO PAOLELLO COME UN CANE RANDAGIO, NE VA DEL SUO SENSO DELLO STATO

Roma, 5 novembre 2002 - Antonio Paolello, il detenuto della Stidda di Gela colpito da tumore mentre era curato per una gastrite, trasferito il 1' novembre al Centro di Riferimento Oncologico - Istituto Nazionale Tumori di Aviano, è in gravissime condizioni. Il direttore del Centro, Professor Tirelli, ha diagnosticato una prognosi infausta e ha annunciato che sarà sottoposto a chemioterapia a scopo palliativo.
Maurizio Turco, presidente dei deputati radicali al Parlamento Europeo e Sergio D'Elia, Segretario di Nessuno tocchi Caino e membro della Direzione di Radicali Italiani, hanno rivolto un appello al Ministro della Giustizia Roberto Castelli.
"Ci appelliamo al Ministro Castelli affinché le misure disumane in cui sono ristretti i detenuti in 41bis, misure che le convenzioni internazionali definiscono tortura, non diventino atti di vera e propria bestialità.
Vorremmo infatti capire qual è il senso di continuare a mantenere un detenuto qualsiasi in regime di 41bis, nel caso specifico si tratta di Antonio Paolello, che il Professor Tirelli del Centro di Riferimento Oncologico - Istituto Nazionale Tumori di Aviano ha detto essere praticamente in fin di vita.
Il detenuto è insomma ancora sottoposto al 41 bis e vorremmo capire che senso ha lasciare che Paolello veda i genitori, le sorelle e i fratelli una volta al mese per un ora quando non si sa neppure se vivrà ancora un mese.
Diciamola tutta, negare a un detenuto, anche il più efferato, il conforto dei più stretti famigliari al capezzale è pura e semplice bestialità.
Sappiamo che non è il primo caso di un detenuto in 41bis che muore come un cane randagio, sappiamo pero' che è il primo caso che deve affrontare il Ministro Castelli. Ci appelliamo quindi al suo senso dello Stato (oltre che di umanità) per rimarcare che vi è un limite invalicabile ed è quello che rende lo Stato simile a chi non lo riconosce o lo combatte.
Non è in gioco chi è Antonio Paolello ma chi siamo noi che ci riteniamo diversi da quello che i detenuti in 41bis sono stati e quello che rappresentano. E se siamo davvero diversi da quello che loro sono stati e oggi rappresentano dobbiamo comportarci anche diversamente da come loro si comporterebbero e si sono comportati con noi."