"Al quinto giorno di detenzione del Segretario del Partito radicale Olivier Dupuis e dei dirigenti radicali Khramov, Manzi, Mellano e Lensi, nessuno (sottolineamo nessuno, diplomatico, funzionario o incaricato d'affari che sia) ha potuto incontrare i cinque detenuti per conto di uno dei Governi o ambasciate coinvolte. Sembra incredibile, ma nessuno, né la Presidenza Belga dell'UE, nè la la Commissione europea, né l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell'Unione, nè il Governo francese o svedese (che hanno un'ambasciata a Vientiane) nè i rappresentanti dei Governi belga o italiano o di nessun altro Governo europeo sembrano in grado di ottenere dal Laos la più urgente delle garanzie: quella di poter verificare concretamente le condizioni dei cinque detenuti.
In particolare, proprio mentre si moltiplicano prese di posizione di esponenti politici europei a favore del rispetto della libertà e la democrazia in Laos, ci giungono informazioni contraddittorie da parte dell'Unione europea. Sappiamo ad esempio di ambasciatori, come quello Belga, che avrebbero dovuto essere partiti ieri (in rappresentanza dell'Unione), ma che invece arriveranno ( ?) solo questa sera. Riteniamo a questo punto evidente il timore da parte della burocrazia comunitaria, e del Governo belga in particolare (che spesso si riempie la bocca con altisonanti dichiarazioni sul rispetto dei diritti umani), di disturbare i buoni rapporti con il regime comunista laotiano, tra l'altro beneficiario di numerosi progetti di finanziamento comunitario.
A scanso di equivoci ribadiamo loro che non stiamo chiedendo un favore perchè si chiuda un occhio nei confronti dei 5 radicali, ma chiediamo invece un processo equo, il rispetto di diritti e libertà fondamentali e della legalità internazionale nella procedura seguita, a partire dal diritto ad essere visitati ed assistiti da un avvocato".