Gli interventi a Palermo di Violante e Mattarella - dopo quello di Dini - sono la cifra di un centrosinistra incapace di rompere con il perbenismo e il conformismo.
Clericali della peggior chiesa, quella del potere; moralisti che si occupano di accontentare una opinione pubblica drogata dalle loro menzogne e dalla loro disinformazione. In questo quadro, la nomina e la disfatta di Arlacchi non sono un caso ma il segno concreto della loro identità.
Sostenere che, dopo la guerra fredda, il nuovo nemico è la droga - come fa Mattarella - non è un programma di governo né una analisi politica, ma solo una battuta che puo' forse far guadagnare un trafiletto su qualche giornale o una citazione in un tg.
E se Violante è davvero convinto che la riconversione non penalizza i trafficanti ma i contadini, chieda le dimissioni del suo compagno di partito Arlacchi che ha realizzato questi progetti.
Se la riconversione delle piantagioni di Coca ha portato la Colombia sull'orlo del tracollo e ha ridotto alla fame circa un milione di contadini e loro familiari, non è dovuto alla droga ma ai professionisti della guerra alla droga. Una banda di burocrati che usano demagogicamente la bomba atomica del proibizionismo per perpetuare il proprio potere. Da Dini a Violante a Mattarella, il proibizionismo sulle droghe - e sulle biotecnologie, e sulla bioetica, e sulla clonazione, e sulla laicità dello Stato - è il DNA di un centrosinistra incapace di concepire politica di governo, che affonda lentamente ma inesorabilmente nelle sabbie mobili della politica genuflessa all'etica.