http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2012/01/05/news/ior_i_silenzi_del_vaticano-27639454/
La procura di Roma ha inviato tre rogatorie, tra il 2002 e il 2008, all’autorità giudiziaria pontificia per ricostruire il flusso di denaro della mafia transitato su alcuni conti segreti dello Ior, l’Istituto per le Opere di Religione. Un’indagine nata da una costola del processo sulla morte di Roberto Calvi, il presidente del Banco Ambrosiano trovato impiccato a Londra nel giugno del 1982. Ma la Chiesa non risponde
1. Tre rogatorie sul riciclaggio ma la Santa Sede non risponde
Dall'inchiesta sulla morte di Roberto Calvi nascono una
serie di domande imbarazzanti per il Vaticano sui rapporti dello Ior con la
mafia e il crimine. Alla quale non è mai stata data risposta. Ora il neo
ministro Severino dovrà riproporle. Da Oltretevere, questa volta, dovrebbero
rispondere: ne va della procedura per entrare nella lista degli "Stati
virtuosi" e della richiesta del Papa di una nuova trasparenza
ROMA – Tre pezzi di carta imbarazzano la Santa Sede. E
potrebbero far scoppiare un grave incidente diplomatico con il governo
italiano. Sono le tre rogatorie che la procura di Roma ha inviato tra il 2002 e
il 2008 all'autorità giudiziaria vaticana, indispensabili per ricostruire il
flusso di denaro della mafia transitato, a scopo riciclaggio, su alcuni conti
segreti dello Ior, l'Istituto per le Opere di Religione. Un'indagine nata da
una costola del processo sulla morte di Roberto Calvi, il presidente del Banco
Ambrosiano trovato impiccato a Londra, sotto il ponte dei Frati Neri
(Blackfriers) nel giugno del 1982.
Al Vaticano sono stati richiesti documenti bancari e atti
confidenziali che pescano direttamente nel passato più torbido della
"banca di Dio", quello degli scandali Sindona e Calvi, del crack del
Banco Ambrosiano, dei miliardi di dubbia provenienza nascosti al fisco e
spediti all'estero sotto la direzione di monsignor Paul Marcinkus, presidente
dello Ior dal 1971 al 1989, morto nel 2006. Ma nonostante i passi avanti nella
trasparenza finanziaria fatti dalla Santa Sede, le rogatorie, cioè le richieste
di collaborazione giudiziaria per eseguire atti processuali fuori dal
territorio nazionale di competenza (tra Italia e Stato Vaticano, in questo
caso), rimbalzano da un ufficio all'altro tra le mura dello stato della Chiesa,
senza risposta.
Un silenzio lungo ormai dieci anni che ha spinto il
magistrato romano Luca Tescaroli, titolare dell'inchiesta su Calvi, a scrivere
lo scorso 16 dicembre al neoministro della Giustizia Paola Severino perché si
attivi ufficialmente nei confronti del governo della Chiesa e "solleciti
l'evasione delle rogatorie". Una "rogna diplomatica" per il
governo italiano, stretto tra due necessità: mantenere i buoni rapporti
stabiliti con il Vaticano ma anche mandare segnali concreti di contrasto al
riciclaggio e all'evasione fiscale.
Che Cosa Nostra abbia nascosto una parte dei suoi capitali
nello Ior e nel Banco Ambrosiano è una realtà giudiziaria assodata dalla Corte
d'Assise d'Appello di Roma, nella sentenza del 7 maggio 2010 di assoluzione con
formula piena per Giuseppe "Pippo" Calò, Ernesto Diotallevi e Flavio
Carboni, imputati per l'omicidio di Calvi. Scrive nell'occasione la Corte:
"Cosa Nostra impiegava il Banco Ambrosiano e lo Ior come tramite per
massicce operazioni di riciclaggio. Il fatto nuovo emerso è che avvenivano quanto
meno anche ad opera di Vito Ciancimino (ex sindaco mafioso di Palermo, morto
nel 2002, ndr) oltre che di Giuseppe Calò". Lo stesso Massimo Ciancimino,
figlio di Vito, ha più volte raccontato di operazioni bancarie sospette e
rapporti del padre con alti prelati dello Ior. Ecco quindi perché le tre
rogatorie "mai evase" assumono un ulteriore e nuovo interesse
investigativo.
Con la prima, datata 28 novembre 2002, la procura chiedeva
al Vaticano di "verificare i flussi finanziari intercorsi nel periodo
1976-1982" tra lo Ior e una serie di banche italiane ed estere, come il
Banco di Sicilia, la Sicilcassa di Palermo, il Banco Ambrosiano (sedi italiane
ed estere), la Banca svizzera del Gottardo e la rete di società ad esse
collegate in Perù, Argentina, Bahamas, Nicaragua, Lussemburgo e Venezuela. Non
solo, si chiede di accertare se "nell'anagrafe clienti dello Ior ci siano
i nomi di persone coinvolte nelle indagini", di individuare "quali
fossero le società riconducibili allo Ior nel periodo 1975-1982",
"quali quelle interessate al rastrellamento di azioni del Banco
Ambrosiano" e quali fossero "le operazioni riconducibili alla società
Inecclesia (una finanziaria venezuelana, ndr)". In pratica la Santa Sede
dovrebbe accettare di aprire un cassetto tenuto sigillato per trent'anni. E
svelare la ragnatela di attività e di finanziamenti dell'Istituto per le Opere
di Religione, nascoste per anni dietro lo status di "soggetto autonomo in
uno stato extracomunitario", opaco al fisco e al di fuori delle normative
internazionali in materia bancaria.
Nella seconda rogatoria, del 23 gennaio 2004, il magistrato
italiano chiedeva di visionare i "telex riguardanti operazioni effettuate
da Calvi sull'estero sfruttando le strutture materiali della Città del
Vaticano". Nell'ultima, la più recente, datata 20 novembre 2008, punta ad
accertare se e quando le due lettere scritte a macchina da Calvi pochi giorni
prima di morire e dirette a papa Giovanni Paolo II e al cardinale Pietro
Palazzini, all'epoca prefetto della Santa Congregazione delle cause dei Santi,
siano state ricevute dai destinatari. Lettere dal contenuto contraddittorio e
per alcuni non autentico, nelle quali Calvi, spaventato e disperato, sentendosi
"braccato" racconta nei dettagli alcune operazioni finanziare "imbarazzanti"
condotte sotto copertura per conto di alti prelati.
Le domande della procura romana fino ad oggi non hanno avuto
risposta. Una mancanza di collaborazione che potrebbe congelare la procedura
avviata dal Vaticano per entrare nella "white list" degli stati
"finanziariamente virtuosi", cominciata nel 2009 con la firma della
convenzione monetaria con l'Ue e che avrà a metà del 2012 un passaggio decisivo
con la presentazione al Consiglio d'Europa del rapporto finale di un gruppo di
esperti su come lo stato della Chiesa si è adeguato al sistema di
antiriciclaggio vigente nell’Unione.
Con questo obiettivo il 30 dicembre del 2010, infatti, Papa
Benedetto XVI ha promulgato la legge n.127, in vigore dall'aprile di
quest'anno, che colpisce il riciclaggio del denaro sporco e il finanziamento
del terrorismo. All'articolo 41 si legge che la neonata Autorità di
informazione finanziaria pontificia "scambia informazioni in materia di
operazioni sospette e collabora con le autorità degli Stati esteri che
perseguono le medesime finalità di prevenzione e contrasto del
riciclaggio". Per ora, a quanto pare, solo a parole.
2 Ior, tra indagini e misteri
Nel maggio del 2010 la procura di Roma apre un’indagine sui rapporti sospetti tra lo Ior e dieci banche italiane. L’istituto vaticano viene accusato di usare di riciclaggio. Il 20 settembre ancora la procura della capitale dispone il sequestro preventivo (non eseguito) di 23 milioni di euro depositati su un conto intestato allo Ior
I misteri della Banca di Dio
Da Sindona a Roberto Calvi
Riciclaggio. Vero o presunto. Comunque il punto debole
dell’Istituto Opere di Religione. Nel maggio del 2010 la procura di Roma apre
un’indagine sui rapporti sospetti tra lo Ior e dieci banche italiane, tra cui
figurano i colossi Unicredit e Intesa San Paolo, oltre a realtà più modeste
come la Banca del Fucino. L’istituto vaticano viene accusato di usare in modo
cumulativo, senza fornire i dati per identificare i soggetti che vi facevano
transitare i soldi, un conto corrente aperto nella filiale 204 dell’ex Banca di
Roma (oggi Unicredit) in via della Conciliazione, a ridosso delle mura Leonine.
Violando così la normativa antiriciclaggio.
In due anni su quel conto sono passati 180 milioni di euro.
Il sospetto della magistratura è che soggetti con residenza fiscale in Italia
abbiano usato o usino tuttora lo Ior come "schermo" per nascondere i
soldi dell’evasione fiscale o i proventi di truffe. Ma tutto si ferma perché i
pm italiani non hanno competenza a indagare sullo Ior senza una rogatoria
internazionale, a causa della sua natura formalmente estera. Il 20 settembre
2010 ancora la procura della capitale, su segnalazione della Banca d’Italia,
dispone il sequestro preventivo (non eseguito) di 23 milioni di euro depositati
su un conto presso la filiale romana del Credito Artigiano spa intestato allo
Ior.
Il sospetto è che anche in questo caso venga violata la
norma antiriciclaggio. Nel mirino dei pm due operazioni di trasferimento di 20
milioni di euro alla JP Morgan di Francoforte e di altri tre milioni alla Banca
del Fucino. Vengono indagati il presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, e
il direttore generale Paolo Cipriani. "La Santa Sede - sottolinea il
Vaticano - manifesta perplessità per l’iniziativa della procura di Roma, i dati
informativi necessari sono già disponibili presso l’ufficio competente della
Banca d’Italia. Quanto agli importi citati, si tratta di operazioni di
giroconto per tesoreria presso istituti di credito non italiani il cui
destinatario è il medesimo Ior".
Ior, storia di un mistero di ETTORE LIVINI
3 Quando il banchiere di Dio divenne 'uomo morto'
Nel 1947 inizia la sua carriera al Banco Ambrosiano Veneto, l'istituto di credito legato allo Ior. Fa strada grazie ai legami con la loggia massonica P2, di Licio Gelli. Quella di Roberto Calvi è una storia di banche e di cosche che si conclude tragicamente il 17 giugno 1982 a Londra. Quando fu trovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri. Una prima indagine archivia la sua morte come 'suicidio'. Nel 1992 il caso si riapre. Nel 1997 arriva il primo ordine di custodia cautelare, l'anno successivo una perizia stabilisce l'infondatezza dell'ipotesi del suicidio. Nel 2005 inizia il processo. Secondo il pm Luca Tescaroli tre sarebbero i moventi alla base del delitto: il banchiere aveva amministrato male il denaro di Cosa Nostra; si temevano rivelazioni sul sistema di riciclaggio messo in piedi attraverso il Banco Ambrosiano; uccidendo Calvi si pensava di poter mettere maggiore pressione nei confronti dei suoi 'soci'. Nel 2007 la Corte d'Assise di Roma assolve tutti gli imputati. Nel 2010 la sentenza viene confermata in appello. Ma nelle motivazioni si legge: "Roberto Calvi è stato ammazzato, non si è ucciso"
18 APRILE 1992
* Calvi, storie di banche e di cosche * Giuseppe D'Avanzo
I giudici della 12esima sezione civile del Tribunale di
Milano (1988) hanno trovato più convincenti le argomentazioni degli avvocati
della famiglia Calvi che non quelle delle Assicurazioni Generali, incapaci di
provare la tesi del suicidio. Se per nove anni sullo scrittoio del sostituto
procuratore milanese Pierluigi Dell'Osso c' è stata una cartellina relativa
solo "al fatto storico della morte di Calvi", due giudici di Roma,
Mario Almerighi e Francesco De Leo, non hanno mai avuto dubbi che Roberto Calvi
sia stato ucciso. Eccolo allora il primo mistero del "caso Calvi":
chi lo ha ucciso e su ordine di chi? L' arcano è meno indecifrabile di quanto
possa apparire. Il pool di investigatori del Servizio centrale operativo è
stato fortunato e le dichiarazioni (1991) di Francesco Marino Mannoia e di
Tommaso Buscetta hanno offerto loro le prime parziali, ma inequivoche,
indicazioni. "Sì, Calvi fu strangolato da Francesco Di Carlo su ordine di
Pippo Calò - ha raccontato Mannoia -. Calvi si era impadronito di una grossa
somma di danaro che apparteneva a Licio Gelli e a Pippo Calò. Prima di fare fuori
Calvi, Calò e Gelli erano riusciti a recuperare decine di miliardi e, quel che
più conta, Calò si era tolto una preoccupazione perché Calvi si era dimostrato
inaffidabile".
21 OTTOBRE 1993
* E' in Svizzera il tesoro di Calvi * di DANIELE
MASTROGIACOMO
Il tesoro è lì, nascosto nel cuore di Ginevra. Seimila
miliardi di lire che nessuno reclama ancora. Dopo 13 anni, il giudice Mario
Almerighi ha individuato il forziere che potrebbe aprire un nuovo spiraglio sui
misteri che avvolgono la morte di Roberto Calvi. Quei soldi, legati a cinque
diverse istituzioni, portano dritti al presidente del vecchio Banco Ambrosiano
e agli ultimi, tragici giorni che scandirono la sua esistenza. Il bottino
sarebbe depositato in una cassetta di sicurezza della Banque de Paris et des
Pays bas la cui sede si trova in place de Holland 2. La ricerca è stata
affannosa e la caccia non è conclusa: adesso si tratta di vedere se quel
forziere potrà mai essere aperto. Di chi sono quei miliardi? E perché sono
legati al "banchiere di Dio"?
10 APRILE 1997 *
I due banchieri e l'oro dei boss * di GIUSEPPE
D'AVANZO
Calvi sottovalutò, non capì i "nuovi clienti" del
suo sistema. Quando cadde schiacciato dalle stesse piramidi di carta che aveva
costruito (il Banco Ambrosiano, al tracollo, aveva un' esposizione diretta o
indiretta di 1287 milioni di dollari), non comprese che il suo destino era
segnato. I Corleonesi gli avevano affidato i loro 'piccioli' e lui li aveva
fatti diventare fumo. "Calvi - ha spiegato Tommaso Buscetta - venne ucciso
per vendetta. Aveva avuto in gestione soldi mafiosi per il riciclaggio e ne
aveva fatto un cattivo uso". E' ancora Mannoia a spiegare che
"Roberto Calvi si era impadronito di una grossa somma di denaro che
apparteneva a Licio Gelli e Pippo Calò. Si trattava di somme ingenti per decine
di miliardi. Quel Calvi era ormai inaffidabile. Gelli e Calò avevano recuperato
- non seppi se in tutto o in parte - i soldi prima della morte di Calvi".
Calvi non capì. Non aveva mai capito. Parlava sempre della Mafia con ammirazione
e diceva che 'Il Padrino' era un libro "meraviglioso". Gli piaceva
tanto. Ma non ci aveva capito gran che, ammetteva. Non capì nulla neanche
quella notte quando un camorrista ingaggiato da Pippo Calò, Vincenzo Casillo,
lo convinse a salire nella barca sul Tamigi. Gli disse di sedersi in fondo alla
barca. Gli scivolò alle spalle e lo strangolò con una corda color arancione.
03 OTTOBRE 1997 *
I colpevoli, arresti per Calò e Carboni
Ucciso dalla mafia, dalla banda della Magliana e dalla
camorra. Ucciso perché non aveva saputo gestire i miliardi sporchi che
arrivavano a centinaia nelle casse del suo Banco ambrosiano. Tradito,
consegnato nelle mani dei killer, da Flavio Carboni, l' uomo di cui si era
fidato. Quindici anni dopo, il giallo della morte del banchiere Roberto Calvi
sembra davvero risolto. Con una ipotesi accusatoria uguale a quella di tante
altre vicende italiane: Calvi fu stritolato dallo stesso intreccio tra
criminalità, politica e massoneria che ha prodotto gli omicidi del giornalista
Mino Pecorelli, del finanziere usuraio Domenico Balducci, dell' avvocato
Giorgio Ambrosoli e il tentato omicidio del vicepresidente del Banco ambrosiano
Roberto Rosone. Su richiesta del sostituto procuratore romano Giovanni Salvi,
il giudice per l' indagine preliminare Mario Almerighi ha emesso due ordinanze
di custodia cautelare per concorso in omicidio. Una è per Pippo Calò, noto
anche come "il cassiere di Cosa Nostra", da tempo sotto processo con
Andreotti e Vitalone per l' omicidio Pecorelli.
24 GIUGNO 1998 *
Riesumata la salma di Calvi
Riesumata la salma di Roberto Calvi, presidente del Banco
Ambrosiano trovato impiccato a Londra sotto il ponte dei Frati neri il 18
giugno 1982. Lo ha disposto il giudice per le indagini preliminari di Roma
Otello Lupacchini nell' ambito di un incidente probatorio sollevato dai
pubblici ministeri Giovanni Salvi e Maria Monteleone, titolari dell' inchiesta
giudiziaria. I due magistrati avevano deciso di ricorrere al gip dopo che i
difensori di Flavio Carboni, uno dei quattro indagati per l' omicidio del
banchiere (gli altri sono Pippo Calò, Ernesto Diotallevi e Francesco Di Carlo),
avevano depositato la relazione dei medici che per primi esaminarono il
cadavere e dalla quale, a detta dei legali, "emerge chiaramente che Calvi
si impiccò".
10 DICEMBRE 2000 *
La perizia inglese: "Roberto Calvi fu
assassinato"
L' ultimo verdetto di un gruppo di esperti inglesi che ha
effettuato la quarta autopsia sui resti del banchiere usando tecniche
nuovissime e elementi forniti dall' Italia, inclusa la biancheria intima di
Calvi. Il finanziere, protagonista del crack del Banco Ambrosiano, venne
trovato morto sotto il Ponte dei Frati neri nel 1982. E non fu suicidio, dicono
ora gli esperti nominati dal tribunale inglese, anzi "sono stati trovati
numerosi indizi che suffragano la tesi del' omicidio", si legge in un
articolo del Sunday Times che anticipa i contenuti dell' inchiesta. Fra un
mese, queste conclusioni dovrebbero arrivare in Italia. Ma da Roma arriva una
netta smentite
12 OTTOBRE 2002
* Vent'anni anni dopo i segreti di Calvi in
una cassetta di sicurezza * di
Francesco Vivivano
Il mistero sulla morte del banchiere Roberto Calvi, il
presidente del vecchio Banco Ambrosiano trovato impiccato il 17 giugno del 1982
sotto il ponte dei "Frati neri" nel centro di Londra, è contenuto in
una cassetta di sicurezza. Una cassetta di sicurezza intestata proprio a lui,
Roberto Calvi, ed alla madre, Maria Rubini, trovata e aperta vent' anni dopo
nel caveau dell' agenzia del Nuovo Banco Ambrosiano di corso Magenta a Milano. Il
contenuto di quella cassetta potrebbe finalmente svelare uno dei misteri d'
Italia, un affaire dove a vario titolo sono stati coinvolti faccendieri,
"collaboratori" di servizi segreti, cardinali e mafiosi. Quella
cassetta di sicurezza contiene tante carte, documenti, conti, memorie e
riferimenti a persone e ad affari internazionali che potrebbero dare un nome ed
un volto ai mandanti che avrebbero affidato alla mafia siciliana e ad esponenti
della Banda della Magliana l' esecuzione di Roberto Calvi.
15 OTTOBRE 2002 *
Il pentito: "Portai a Marcinkus e a
Calvi due valigie con 10 miliardi dei clan"* di Francesco Vivivano
Le sue figlie si chiamano Agnese, Lucia e Fiammetta come la
moglie ed i figli del giudice Paolo Borsellino. Il giudice che Cosa nostra gli
aveva ordinato di ammazzare con un fucile di precisione o con un' autobomba. E
quando si pentì, il primo magistrato che incontrò fu proprio Borsellino
avvertendolo che Cosa nostra aveva deciso la sua eliminazione. E fu a
Borsellino, nella primavera del 1992, che Vincenzo Calcara, mafioso e pentito
di Trapani, accennò al riciclaggio dei miliardi di Cosa nostra facendo
riferimento al cardinale Paul Marcinkus e ad un insospettabile notaio
palermitano residente a Roma. Calcara ha letto le cronache di questi giorni e
l'anticipazione di Repubblica sulla cassetta di sicurezza di Roberto Calvi
ritrovata dopo vent' anni nell' agenzia del Banco Ambrosiano a Milano. Una
cassetta che potrebbe fornire elementi utili ai magistrati che indagano sulla
morte di Roberto Calvi e che in questi giorni è affidata ad alcuni periti per
verificare se la cassetta sia stata aperta o no dopo il 1981. Calcara, con i
suoi ricordi, potrebbe forse fornire altri alementi ai magistrati.
25 OTTOBRE 2002
* Calvi fu suicidato la perizia arriva a Roma * di Francesco Vivivano
Ipotesi dell' omicidio seguita subito dopo la morte del
banchiere dai magistrati romani, prima dal pm Mario Almerighi e poi dai suoi
colleghi Maria Monteleone e Luca Tescaroli, non è più un' ipotesi. Nelle undici
pagine delle conclusioni dei tre periti, i professori Brinkmann, dell'
Università di Munster, Luigi Capasso, specialista di Antropologia fisica all'
Università di Chieti e Antonella Lopez, docente di chimica all' Università
"La Sapienza" di Roma, è scritto chiaramente che Calvi fu
assassinato, ucciso in un cantiere-discarica ad un centinaio di metri dal luogo
dove fu poi ritrovato. Calvi fu strangolato poi il corpo fu trasportato sotto
il ponte dei "Frati Neri" dove gli assassini inscenarono il
"suicidio" impiccandolo. La perizia, scritta in tedesco, è stata
consegnata nei giorni scorsi e tradotta in italiano.
24 LUGLIO 2003
* Le conclusioni dopo 20 anni:"Fu ucciso dalla mafia"di Francesco Vivivano
Il presidente del Banco Ambrosiano Roberto Calvi, trovato
impiccato il 18 giugno del 1982 sotto il ponte dei frati neri a Londra, fu
ucciso da Cosa nostra. Il mandante sarebbe stato il boss Pippo Calò che si
sarebbe avvalso della complicità del faccendiere Flavio Carboni, della sua
amica Manuela Kleinsizig e dell' imprenditore romano Ernesto Diotallevi, tutti
indagati per concorso in omicidio aggravato e premeditato. è questa la
conclusione della lunghissima indagine, cominciata 21 anni fa, a cui sono
giunti i pm romani Anna Maria Monteleone e Luca Tescaroli che ieri hanno depositato
migliaia di pagine di atti istruttori (oltre 20 faldoni), "avvisando"
gli indagati nei confronti dei quali, nei prossimi mesi, sarà chiesto il rinvio
a giudizio.
30 SETTEMBRE 2003 *
Londra riapre l'inchiesta * di Francesco Vivivano
Due nuovi testimoni inglesi e il lavoro della procura
romana, che ha quasi ultimato le indagini sulla morte del banchiere Roberto
Calvi - trovato impiccato a Londra il 18 giugno del 1982 - ipotizzando l'
omicidio, hanno convinto anche i giudici britannici a riaprire l' inchiesta che
avevano archiviato come "suicidio". è stato un "coroner"
londinese, di origine italiana, a dare l' incarico a uno dei più esperti
detective inglesi, Trevor Smith, di ricominciare daccapo le indagini. L' inchiesta
britannica si era rivelata fin qui lacunosa e, in alcuni casi, come sostiene la
procura romana, "depistante". Subito dopo il ritrovamento del corpo
di Roberto Calvi, trovato impiccato sotto il ponte dei "Frati Neri",
gli investigatori britannici, complice anche una perizia medico legale
"superficiale" se non addirittura falsa, decisero che il banchiere,
che secondo gli inquirenti londinesi era invece un "barbone", si era
impiccato. Ma le cose, come ha accertato l' inchiesta dei sostituti procuratori
romani, Maria Monteleone e Luca Tescaroli, non andarono così. Calvi fu
impiccato, ucciso su ordine della mafia e di riciclatori inglesi che avevano
ingaggiato il "faccendiere" Flavio Carboni per attirare Calvi in una
trappola, facendolo fuggire dall' Italia per ucciderlo poi a Londra. E con
queste motivazioni nel luglio scorso i pm romani hanno indagato Flavio Carboni,
il boss della "cupola" di Cosa nostra Pippo Calò, l' imprenditore
romano Ernesto Dioatallevi e Manuela Kleinszig, amica di Carboni
6 OTTOBRE 2005 *
Via al processo Calvi, subito un rinvio * di Marino Bisso
Dopo 23 anni, davanti alla II corte d' assise di Roma
presieduta da Mario D' Andria, compaiono come imputati per concorso in omicidio
l'ex cassiere della mafia Pippo Calò; l' uomo d' affari Flavio Carboni; la sua ex
compagna Manuela Kleinszig; l' ex boss della banda della Magliana Ernesto
Diotallevi e l' ex contrabbandiere Silvano Vittor. I sostituti procuratori Luca
Tescaroli e Maria Monteleone hanno depositato una lista di 177 testi che con
quelli indicati dalle difese saliranno a cinquecento. Nell' aula bunker di
Rebibbia degli imputati era presente solo Flavio Carboni assistito dall'
avvocato Renato Borzone. "Considero assurde queste accuse - ha spiegato
Carboni ai giornalisti - dal momento che non c' è alcuna prova contro di me.
Avevo interesse che Calvi vivesse. E' giusto che il tribunale ponga fine a 23
anni di chiacchiere".
07 GIUGNO 2007 *
Assoluzione per i cinque imputati * di Marino Bisso
Dopo 90 udienze e due anni di processo, gli imputati che
erano stati accusati di avere organizzato la fuga dall' Italia e poi la sua
uccisione a Londra, sono stati tutti assolti. La Corte d' Assise di Roma,
presieduta da Lucio D' Andria, ha emesso la sentenza con la quale il capo
mafia, Pippo Calò, l' ex uomo d' affari Flavio Carboni, la sua amica Manuela
Kleinszig, l' ex boss della banda della Magliana Ernesto Diotallevi e l' ex
contrabbandiere Silvano Victor, sono stati assolti per insufficienze di prove.
La Corte ha però definitivamente confermato che Roberto Calvi fu assassinato e
che non si era suicidato come avevano detto in un primo momento gli
investigatori inglesi dell' epoca. Il capo d'imputazione recitava: "Gli
imputati, avvalendosi delle organizzazioni di tipo mafioso denominate Cosa
nostra e camorra, cagionavano la morte di Roberto Calvi al fine di: punirlo per
essersi impadronito di notevoli quantitativi di denaro appartenenti alle
predette organizzazioni; conseguire l'impunità, ottenere e conservare il
profitto dei crimini commessi all'impiego e alla sostituzione di denaro di
provenienza delittuosa; impedire a Calvi di esercitare il potere ricattatorio
nei confronti dei referenti politico-istituzionali della massoneria, della
Loggia P2 e dello Ior, con i quali avevano gestito investimenti e finanziamenti
di cospicue somme di denaro"
07 MAGGIO 2010
* Delitto senza colpevoli Carboni e Calò
assolti anche in appello
Un delitto senza colpevoli. Il processo d' appello ha
ribadito le assoluzioni per l' omicidio del banchiere Roberto Calvi, trovato
impiccato a Londra il 18 giugno del 1982 sotto il ponte dei Frati Neri. Per la
corte presieduta da Guido Catenacci non sussistono i presupposti per una
dichiarazione di responsabilità di Flavio Carboni, uomo d' affari attualmente
coinvolto nell' inchiesta sulla cricca che avrebbe avuto mire sugli appalti per
l' eolico in Sardegna, l' ex cassiere della mafia Pippo Calò ed uno dei
personaggi ritenuti legati alla Banda della Magliana, Ernesto Diotallevi. Il pg
Luca Tescaroli, già rappresentante dell' accusa nel processo in primo grado,
aveva chiesto tre ergastoli.
15 LUGLIO 2010
* Le motivazioni della sentenza: "Il
banchiere non si suicidò"
La Corte d'assise d'appello di Roma ritiene che
"Roberto Calvi non si sia suicidato" dunque "è stato
ucciso". Si legge nelle motivazioni della sentenza con la quale, il 7
maggio scorso 1, sono state confermate le assoluzioni di Flavio Carboni, Pippo
Calò ed Ernesto Diotallevi per l'omicidio del banchiere , trovato impiccato il
18 giugno 1982 sotto il ponte londinese dei 'Frati Neri'. Nelle motivazioni
della sentenza i giudici sottolineano la presenza di molti moventi e interessi
per la morte di Roberto Calvi. "Troppi sono i moventi alternativi
ipotizzabili - si legge nella sentenza - e troppi i soggetti e le
organizzazioni che avrebbero avuto interesse all'eliminazione di Calvi: dalla
mafia, alla camorra, alla P2, allo Ior e ai politici italiani (beneficiari
delle tangenti o interessati a cambiare l'assetto del Banco Ambrosiano o a
mutare gli equilibri di potere all'interno del Vaticano)".
18 NOVEMBRE 2011
Calvi, nessun colpevole: il processo non si
riapre * di Elsa Vinci
Nessun colpevole per l' omicidio Calvi. Sono definitive le
assoluzioni per la morte del banchiere trovato impiccato sotto il ponte dei
Frati Neria Londra il 18 giugno del 1982. La Corte di Cassazione ha respinto il
ricorso contro il proscioglimento dall' accusa di concorso in omicidio
volontario per l' imprenditore Flavio Carboni, adesso coinvolto nell' inchiesta
sulla P3, Pippo Calò, ex cassiere della mafia, ed Ernesto Diotallevi, ritenuto
vicino alla banda della Magliana. Il caso è chiuso, non ci sarà la riapertura
del processo sollecitata dal pm Luca Tescaroli, che aveva accusato i tre di
aver organizzato la morte dell' ex presidente del vecchio Banco Ambrosiano. Il
movente? "Per punirlo di essersi impadronito di notevoli quantitativi di
denaro appartenenti a organizzazioni criminali". Ci sono voluti anni di
inchieste, polemiche, battaglie giudiziarie per stabilire che si è trattato di
un omicidio
4 documenti - Calvi: "Pagai tangenti per la Chiesa non
posso tacere fatti così importanti"
Il 20 novembre 2008, il magistrato Luca Tescaroli con una
rogatoria chiede di accertare se e quando le due lettere scritte a macchina da
Calvi, pochi giorni prima di morire, siano state ricevute dai destinatari. Le
missive scritte dal banchiere erano dirette a Papa Giovanni Paolo II e al
cardinale Pietro Palazzini, all'epoca prefetto della Santa Congregazione delle
cause dei Santi. Il contenuto è contraddittorio. Secondo alcuni non è autentico:
Calvi, spaventato e disperato, sentendosi "braccato" racconta nei
dettagli alcune operazioni finanziare "imbarazzanti" condotte sotto
copertura per conto di alti prelati. leggi
5 documenti - Le
rogatorie 'dimenticate' tra l'Ambrosiano e lo Ior
Sono tre le richieste di collaborazione giudiziaria che la
Procura di Roma ha inviato al Vaticano senza ottenere risposta. Sono
indispensabili per ricostruire il flusso di denaro della mafia transitato, a
scopo riciclaggio, su alcuni conti segreti dello Ior, l'Istituto per le Opere
di Religione. La prima è del 2002 (pag. 2-7), la seconda del 2004 (pag. 8-11) e
la terza del 2008. Il magistrato romano Luca Tescaroli, titolare dell'inchiesta
sull'omicidio di Roberto Calvi, lo scorso 16 dicembre (pag. 1), ha chiesto al
neoministro della Giustizia Paola Severino di attivarsi nei confronti del
governo della Chiesa. leggi