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2010 07 15 * La Repubblica * Calvi, per la Corte d’appello 
non si suicidò ma è stato ucciso

Le motivazioni dei giudici della pronuncia del 7 maggio, che confermò le assoluzioni di Flavio Carboni, Pippo Calò ed Ernesto Diotallevi per l’omicidio del banchiere, trovato impiccato nel 1982 a Londra

ROMA - La Corte d’assise d’appello di Roma ritiene che “Roberto Calvi non si sia suicidato” dunque “è stato ucciso”. Si legge nelle motivazioni della sentenza con la quale, il 7 maggio scorso, sono state confermate le assoluzioni di Flavio Carboni, Pippo Calò ed Ernesto Diotallevi per l’omicidio del banchiere , trovato impiccato il 18 giugno 1982 sotto il ponte londinese dei ‘Frati Neri’.


Nelle motivazioni della sentenza i giudici sottolineano la presenza di molti moventi e interessi per la morte di Roberto Calvi. “Troppi sono i moventi alternativi ipotizzabili - si legge nella sentenza - e troppi i soggetti e le organizzazioni che avrebbero avuto interesse all’eliminazione di Calvi: dalla mafia, alla camorra, alla P2, allo Ior e ai politici italiani (beneficiari delle tangenti o interessati a cambiare l’assetto del Banco Ambrosiano o a mutare gli equilibri di potere all’interno del Vaticano)”. 


E, in questo ambito di ipotesi, “possono anche comprendersi i Servizi segreti inglesi, essendosi acclarato che Calvi aveva, tra l’altro, finanziato l’invio di armi ai dittatori argentini nel periodo in cui era in atto il conflitto bellico per le isole Falkland. E così anche i Servizi segreti italiani, che hanno mostrato (avvalendosi pure del loro ambiguo collaboratore Pazienza) di essere sempre informati di tutto e di aver seguito sino all’ultimo le mosse di Carboni e Calvi”.


quanto riguarda in particolare i tre imputati, la Corte con riferimento a Carboni osserva che non vi è dubbio che su di lui gravino indizi consistenti che però vengono poi resi vanificati da elementi di segno opposto. “La pluralità di moventi alternativi non pare concentrarne uno più specifico ed assorbente in danno di Carboni i cui interessi erano in sintonia con il mantenimento in vita del banchiere”.


Quanto a Pippo Calò le dichiarazioni fatte dai collaboratori di giustizia risultano in contrasto tra di loro o smentite da altre risultanze del processo. “Pur ammettendo che Calò creditore del Banco Ambrosiano potesse trarre un qualche beneficio dalla soppressione di colui su cui pare avrebbe potuto indirizzare pressioni intese a recuperare quanto versato, non è detto che poi abbia attivamente coltivato questo interesse”.


Infine, per quanto riguarda Diotallevi c’è solo una certezza e cioè che il suo contributo fu finalizzato all’espatrio clandestino di Roberto Calvi.