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2009 12 03 * Il Sole 24 Ore * Lo Ior e quel conto-calderone * Claudio Gatti

Indagini. Procura al lavoro sul deposito della banca del Vaticano presso la filiale 204 della Banca di Roma

Si ipotizza la violazione della legge 197 del ‘91 che regola gli intermediari IL RETROSCENA L’agenzia UniCredit, che nel 2008 ha stoppato la prassi, è stata utilizzata per far transitare disponibilità di singoli individui




Quer pasticciaccio brutto de Via della Conciliazione. È così che l'ha definito una delle persone che lo conosce. Due i protagonisti - due nomi di rango: l'Istituto per le Opere Religiose, e cioè quella che viene comunemente definita come "la banca del Vaticano", e la Banca di Roma, oggi integrata nel primo gruppo bancario in Italia, UniCredit. Con intorno una folla di comparse più o meno minori - da ordini missionari a diocesi, da singoli prelati a privati cittadini. Ma il cuore del pasticciaccio è un mare di assegni di origine e destinazione non chiara.. E quindi il sospetto di violazione delle normative antiriciclaggio.

A dare l'allarme è stata l'Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia, che ha poi mobilitato la Guardia di Finanza, la quale a sua volta ha attivato la procura di Roma. Come hanno rivelato i giornali la settimana scorsa, l'indagine che ne è derivata è ora responsabilità del procuratore aggiunto Nello Rossi e del pm Stefano Rocco Fava.

Il luogo del possibile reato è un'agenzia di banca su Via della Conciliazione, angolo Via dell'Ospedale. A pochi passi dalla Libreria Ecumenica e di fronte all'ambasciata del Brasile presso la Santa Sede. È la filiale Roma 204. Oggi appartiene al gruppo UniCredit ma, come riportavano le insegne color oro sopra le due porte di ingresso, all'epoca in questione faceva parte della Banca di Roma.

Un'agenzia come tante. Ma a cento metri da Piazza San Pietro. E quindi dal confine con lo Stato del Vaticano. Una vicinanza che si è scoperto non essere solo geografica. Dall'inchiesta è infatti emerso che presso quella filiale da anni si appoggia lo Ior per molte delle sue operazioni bancarie. Attraverso un singolo conto corrente.

Sulla passata attività di quel conto è focalizzata l'indagine. Non tanto per i volumi registrati - soltanto nel corso del 2007, il saldo mensile è oscillato tra i 32 e gli 80 milioni di euro - ma perché, ogni mese, tra la miriade di operazioni di accredito e addebito del tutto normali - nel marzo 2007, per esempio, ve ne sono state più di mille - è stato notato il ripetuto deposito e incasso di assegni che non venivano né identificati né registrati.

«Lo Ior usava quel conto in modo cumulativo e vi versava assegni di suoi clienti senza comunicare alcun dato specifico alla Banca di Roma», spiega a Il Sole 24 Ore una delle persone che ha indagato sulla vicenda. «E questo è andato avanti per anni. Fino agli inizi del 2008 quando, in coincidenza dell'integrazione di Banca di Roma in UniCredit, la prassi è stata finalmente abbandonata».

La settimana scorsa sui giornali si è parlato di possibile violazione della legge 231, quella con cui è stata recepita la direttiva europea anti-riciclaggio e antiterrorismo del 2005. Ma la 231 è del 21 novembre 2007, e se fosse stata quella la normativa violata, si parlerebbe di un problema di pochi mesi. Invece in ballo qui sono anni di movimentazione in sospetta violazione delle regole anti-riciclaggio.

E sì, perché fu la legge 197, nel lontano 1991, a introdurre tre obblighi fondamentali per gli intermediari finanziari: l'identificazione dei soggetti coinvolti in una transazione, la registrazione dei relativi dati nell'Archivio Unico Informatico e la segnalazione di eventuali operazioni sospette.

«In questo caso, venivano a mio giudizio elusi tutti e tre i pilastri. Perché nel caso di quegli assegni non si identificavano i soggetti interessati, non si registrava nulla nell'Archivio Unico e conseguentemente non si faceva - né si sarebbe potuta fare - alcuna segnalazione», aggiunge una seconda fonte.

Le cifre in ballo non sono da poco. In ogni singolo mese dell'ultimo anno in questione, il 2007, a Il Sole 24 Ore risulta che sul conto-calderone della filiale 204 siano stati depositati assegni classificati come "non trattabili" per svariati milioni di euro.

Senza registrare nulla nell'Archivio Unico. E quindi senza che fosse lasciata alcuna traccia documentale di quelle operazioni. Non solo: sul retro di quegli assegni rimaneva solo un timbro da cui risultava che a negoziarli era stata la Banca di Roma. Il che significa che, in caso di accertamento amministrativo o giudiziario, non vi era alcuna evidenza che il denaro fosse stato in realtà versato su un conto di fatto non italiano..

Per avere spiegazioni, Il Sole 24 Ore si è rivolto a UniCredit e alla Santa Sede, ma nessuna delle due istituzioni ha voluto rilasciare dichiarazioni ufficiali. Al nostro giornale risulta che, i funzionari della filiale 204 abbiano attribuito quella prassi inconsueta a un accordo che Banca di Roma avrebbe avuto con il Vaticano, in base alla quale quelle movimentazioni sarebbero state ritenute parte di un'attività tra banche e quindi sottratte all'obbligo di individuazione e di iscrizione all'Archivio Unico.

Ma al di là dell'esistenza o della validità di un tale accordo, la realtà è che attraverso quel conto "istituzionale" transitavano disponibilità di singoli individui. Non a caso, l'ipotesi investigativa è che soggetti "valutariamente residenti in Italia" abbiano usato lo Ior come schermo per transazioni che nascondevano reati di vario genere - dalla truffa all'evasione fiscale.

Che quella situazione fosse anomala, lo dimostra del resto il fatto che, nell'integrare Banca di Roma, UniCredit ha voluto prontamente sanarla. Con il supporto di Banca d'Italia ha così chiesto allo Ior di sottoscrivere un'intesa specifica che permettesse all'istituto di essere compliant, ovvero performante e rispettoso della normativa italiana. Cosa che lo Ior non aveva mai fatto prima..

Come nella recente vicenda di San Marino, anche qui c'è però una questione di fondo. Che riguarda la stessa funzione di quel braccio finanziario della Santa Sede. Per la Banca d'Italia, e per la normativa italiana, lo Ior è "una banca extracomunitaria". Mentre lo stesso Vaticano le attribuisce una mission molto limitata, quella di «di provvedere alla custodia e all'amministrazione dei beni mobili ed immobili trasferiti o affidati all'Istituto medesimo da persone fisiche o giuridiche e destinati ad opere di religione o di carità». Il problema è che, attraverso istituti italiani, lo Ior offre servizi bancari ai propri clienti.. Incluso privati cittadini italiani. Senza però fare attività di vigilanza.

Secondo il professor Donato Masciandaro, che è direttore del dipartimento di Economia politica della Bocconi e uno dei maggiori esperti internazionali di regolamentazione finanziaria, anche questa carenza strutturale deve essere sanata: «La Santa Sede è uno stato extra-comunitario privo di una sua Fiu, cioè un'unità di intelligence finanziaria. Ma se vuole continuare a far parte della comunità finanziaria internazionale, a mio giudizio deve fare una scelta: o decide di creare una propria Fiu, oppure di firmare un accordo bilaterale con l'Italia che dia accesso ai suoi dati alla Fiu di Banca d'Italia. Perché se c'è uno Stato che non può permettersi di rimanere per sempre in un limbo, ritengo sia proprio quello del Vaticano».