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2009 03 23 * Antimafia2000 * Mare Nostrum: la lettera ''anonima'' l'ha scritta il Pm Olindo Canali

Mare Nostrum, arriva un fax firmato Olindo Canali: "La lettera anonima è opera mia". L'Avv. Fabio Repici rimette il suo mandato difensivo.

Dopo 16 anni di battaglie e processi, a pochi giorni dalla conclusione di un calvario processuale, ecco che cosa sta accadendo alla Procura di Barcellona Pozzo di Gotto (ME)

Il maxiprocesso d’appello Mare Nostrum continua a regalare colpi di scena. L’ultimo lo ha offerto ieri mattina nell’aula bunker del carcere di Gazzi dove il processo sta dirigendosi, a tappe forzate, verso la sentenza. Oggi il Procuratore generale Salvatore Scaramuzza ha comunicato di aver ricevuto un fax in cui il sostituto procuratore di Barcellona, Olindo Canali ha ammesso di essere l’autore della lettera anonima consegnata dall’avvocato Franco Bertolone nell’udienza del nove marzo scorso. Lettera che poi sarebbe stata affidata ad una persona di sua fiducia ma che l’avvocato Bertolone ha detto di aver trovato nella buca delle lettere. Canali, dunque, si attribuisce la paternità di una lettera esplosiva che la Corte d’Assise d’Appello non aveva ritenuto di acquisire trattandosi di un documento anonimo. Ma ora le cose potrebbero cambiare.

La missiva toccava una serie di punti delicati relativi ad alcune inchieste del distretto giudiziario messinese. Ma due punti avevano attirato l’attenzione dell’opinione pubblica. L’autore della lettera sosteneva chiaramente che la verità sull’omicidio del giornalista Beppe Alfano non era quella emersa dal lungo e complesso processo e che alcune persone ne sarebbero perfettamente a conoscenza. Nella lettera si mette in dubbio l’attendibilità del collaboratore di giustizia Maurizio Bonaceto le cui dichiarazioni furono decisive nel processo per l’uccisione di Alfano. Per via di quel procedimento oggi starebbero pagando due innocenti: il mandante, il boss barcellonese Giuseppe Gullotti condannato all’ergastolo e l’esecutore materiale, Antonino Merlino che sta scontando una condanna a 30 anni di reclusione. Su Gullotti l’autore della lettera scrive che è stato assolto per delitti che ha certamente commesso ed è stato condannato per uno del quale è estraneo, quello del giornalista Beppe Alfano. Affermazioni clamorose che senz’altro andranno approfondite così come adesso andrà vagliata l’attendibilità del pentito Maurizio Bonaceto. Ieri la Procura avrebbe dovuto depositare gli atti relativi alle dichiarazioni del pentito barcellonese. Non lo ha fatto ma dovrà farlo nell’udienza prevista per mercoledì prossimo. E, intanto, l’avvocato Fabio Repici ha deciso di rinunciare al mandato difensivo nel maxiprocesso d’appello Mare Nostrum: “Non sussistono più le condizioni di agibilità processuale” ha detto il legale che l’autore della lettera anonima aveva chiamato in causa come una delle persone che conoscono la verità sull’omicidio di Beppe Alfano. Repici ha solo aggiunto che “quando il rito peloritano assume i contorni del rito barcellonese non ci sono più le condizioni di incolumità personale”. La vicenda della lettera anonima e del fax giunto alla Procura Generale non finisce certo qui. I contenuti della missiva, se accertati, potrebbero avere ripercussioni su importanti procedimenti giudiziari nei quali sono stati assunte le dichiarazioni del pentito Bonaceto. Se ne saprà di più mercoledì quando la Corte dovrà assumere decisioni importanti sulla valenza da attribuire al fax che sarebbe stato inviato da Canali.


Il testo della lettera "anonima"

Barcellona 11.01.06 - Rifletto su molte cose. Il Procuratore Croce, fin dal mese di Marzo\Aprile (del 2005) ha smesso di chiamarmi al telefono. I colleghi pure. Ho inviato sms di auguri di Natale e Capodanno e molti, dell’ambiente – magistrati, funzionari, avvocati, forze dell’ordine – non mi hanno risposto. E i silenzi sono significativi più di quelli che ti hanno risposto. La mia estromissione dalla D.D.A. è stata una liberazione per Croce. Che, evidentemente, non sapeva come fare. Sia detto per inciso. Gigi Croce è una persona onesta. E mi ha, a suo modo, voluto bene. Credo abbia sofferto (in senso lato del termine) a cacciarmi. Ma non poteva fare nient’altro. Su di me è sceso un velo di silenzio, di abbandono, di distacco. Soprattutto il silenzio telefonico mi inquieta. Segno evidente che da tempo sono intercettato. Ha smesso di chiamarmi addirittura Parmaliana! Ed è tutto dire! Evidentemente da Lumia o da gente vicina a lui ha saputo qualcosa. Forse è una salvezza. Se sono stato intercettato da tempo, forse qualcosa (se non tutto) emergerà a mio favore. Ma so già la controrisposta: ‘Certo! Non parlava al tel. Perché sapeva di essere intercettato!’ Il dubbio mi viene ora. Non mi è venuto prima. Ma le cose non le vedi, strada facendo, le vedi quando metti insieme i piccoli tasselli di ogni giorno. Solo così, ad un certo punto, compare il mosaico. Un’altra cosa mi fa pensare. La ritrovata cortesia dei Carabinieri ed il freddo della Polizia. In questi giorni, dal 28.12 per l’esattezza, ho lavorato con la P.S.. Buona cortesia, niente da dire. Ma velato imbarazzo, silenzi più che scambi. Soprattutto tra il funzionario e gli agenti della Mobile. E’ come se lavorassero con qualcuno con cui si devono mostrare ad ogni costo gentili e collaboranti, ma di cui sanno che è prossima la fine processuale. E che toccherà proprio a loro arrestare. Nessuno può immaginare quanto pesi il senso di imbarazzo, di solitudine, di emarginazione. Nessuno. Ma lo accetti come regola del gioco. Ti adatti e fingi che tutto sia normale. In fondo più delle tue sorti personali conta quel poco di lavoro che puoi ancora fare. Credo che, per una sorta di obiettività, chi, tra la A.G. ha preso le indagini su di me, le abbia tolte ai carabinieri e le abbia date alla Polizia. Ciò giustificherebbe entrambe le cose. Mi arresteranno. Su questo non ho dubbi. Non so quale sarà l’imputazione. Escludo omicidi, droga, escudo rapine, pedofilia, estorsioni, usura, falsi. Escludo quasi tutto il codice penale. Tranne il 416-bis. E’ in fondo il reato più facile (è un paradosso) da contestare. Terme Vigliatore? Rugolo? O cosa di altro? Sarò senza difesa. Questo è certo. Conosco le regole del gioco. Quando ti accusano di qualcosa che non hai fatto, quando i tuoi comportamenti sono letti in una visione che tutti li organizza secondo (lecite, per carità!) ipotesi di lettura, non puoi difenderti. Ho lavorato anch’io da PM così. Ci lavoriamo tutti, così. Toccherà a me, come è toccato a molti. Quasi tutti giustamente arrestati. E anche il mio arresto sembrerà giusto, sacrosanto, provato e fondato. E sarà così. Non credo neppure ricorrerò mai al tribunale del riesame. A che serve? Se un P.M. chiede ed un G.I.P. concede una misura cautelare è segno che la lettura delle carte è convincente. Un tribunale del Riesame, su certi tipi di indagine può poco o nulla. Starò in galera fin quando sarà il tempo per uscire. Questo è il rispetto per le regole, e per in principi dello Stato di Diritto. Se tocca a te, tocca a te. Non è così per tutti: un normale cittadino ha il diritto di difendersi. Un Magistrato no. Un Magistrato deve saper accettare le decisioni dei colleghi. E’ vero, invece, che mi sono un poco perso, impigrito, imborghesito. Non ho coltivato i rapporti sociali, professionali. Ho capito che per me era finita quando Rosa Raffa e Emanuele Crescenti hanno chiesto l’ergastolo per Galati Giordano all’ ‘abbreviato’ di Mare Nostrum. Per me era finita perché Galati Giordano nel processo principale l’avrei utilizzato, sia pure per parti, come un testimone prezioso per l’accusa. La richiesta di ergastolo era segno inequivoco: Galati Giordano, tra le mille nefandezze (vere) che ha commesso, aveva accusato anche Pippo Gambino e sarebbe stato teste nel processo a suo carico. Io avevo fatto quella relazione su Gambino. Rosa Raffa e Emanuele (due ottimi magistrati, Emanuele anche una persona di spessore umano – e non è facile trovarne -), erano e sono rimasti dalla parte di Gambino. La richiesta di ergastolo per Galati era un segnale a Gambino, a Galati Giordano e a me. D’altro canto è vero che nessuno di loro si è sentito quantomeno nella necessità di chiedermi nulla sulla impostazione della requisitoria. Ed era assolutamente necessario concordare una linea unica tra l’abbreviato ed il procedimento principale. Non è stato fatto. Non ci ha pensato (o ci ha pensato?) neppure Gigi CROCE. Segno che, forse, già dall’epoca, ero stato tagliato fuori. Se togliete Repici, Colonna e qualcun altro, non è rimasto nessuno dalla mia parte. Anche Repici è dalla mia parte, sia pure a modo suo. E’ da quella parte in cui non si fanno sconti a nessuno. Neppure a quelli che, per un tratto o forse sempre, hanno camminato, con te, sulla stessa strada. A Repici l’unico appunto che posso fare (se ancora posso fare appunti a qualcuno) è che, difendendo Piero CAMPAGNA nel processo per la morte della sorella, ha saputo, deve aver saputo, la verità sull’omicidio ALFANO e sulle dichiarazioni di Bonaceto. Quella che io sospetto da tempo. Non certo dai tempi dell’indagine, ma almeno da un paio di anni a questa parte. Triste è stato doversi tenere dentro tutto. Repici non la dirà mai. E questo farà di lui, anche di lui, un ‘imperfetto’, rispetto ad una sua perfezione morale, culturale e professionale quasi assoluta. I suoi dubbi, professati poi mica tanto in segreto e a non poche persone, sulla responsabilità di Merlino e di Gullotti, la dicono lunga sulla sua capacità di analisi e sulla sua onestà intellettuale. E’ un Leninista. Me lo fece capire un suo accenno, politicamente corretto e segno di grande conoscenza dell’ideologia marxista. Disse, una volta, (non ricordo a proposito di chi) ‘E’ un leninista, farebbe qualsiasi cosa per il potere’ . Aveva ragione, ma questa frase va intesa bene, e credo di averla intesa giusta. Come Lenin con gli ideali puri del marxismo e della rivoluzione bolscevica, che erano da far trionfare in qualsiasi modo (e giustamente, ritengo io), anche Repici farebbe qualsiasi cosa pur di affermare la sacrosanta vittoria della Verità e della Giustizia sulla Mafia. Qualsiasi cosa, a qualunque costo. La vittoria finale fa passare in secondo piano i mezzi e, soprattutto, le convinzioni personali. Come ho fatto io. Anche con Pippo Gullotti. Pippo Gullotti: che nemesi. Assolto da omicidi che aveva certamente commesso o di cui era certamente il mandante, finirà per aver scontato parte di pena per uno da cui è probabilmente estraneo. Ma se avesse dato anche solo una possibilità a sé o ad altri, di dimostrare l’’altro’ che è stato l’omicidio ALFANO, forse avrebbe aiutato se stesso, pur rimanendo fedele al suo clichè di capo mafia (e che tale sia nessuno può metterlo in dubbio, nemmeno lui). Bastava dare una spiegazione plausibile dell’’altro’ che fu. Ma, come lui stesso ha sempre ripetuto, ‘si vuole difendere senza accusare’. Ma così non ha aiutato se stesso e nemmeno quelli che ha protetto, con il suon silenzio, in questi anni. Sa bene cosa è avvenuto quella sera. Ed il suo silenzio è stata la sua condanna. E la prova, forse, che l’omicidio ALFANO è davvero un omicidio di Mafia. Lo hanno salvato le recenti polemiche: tutto quello che è uscito in questi giorni è la vera, unica, solida base su cui potrà chiedere (ed a parere mio ottenere) la revisione della sua condanna. Probabilmente uscirà prima lui di galera di quando uscirò io. Non lo dico per provocazione, lo dico convinto: mi farà enormemente piacere. Ho fatto il mio lavoro come ho potuto, per quello che ho potuto, o che mi hanno lasciato fare. Dal 1999, dall’epoca del lavoro infernale nelle udienze di mare Nostrum – che nessuno può immaginare – ho perso la morsa sul mio lavoro di P.M., e su Barcellona. Ma soprattutto ho perso il tempo per comprendere, capire e stare vicino alle persone giuste. In fondo la stessa frequentazione con Rugolo, sia pure nei termini che io so e che non è quella per cui verrò arrestato, è il segno che quel dannato lavoro, o meglio quel modo di lavorare in cui mi hanno lasciato, mi aveva fatto perdere lucidità, precisione e forse tensione. Un po’ di sbracamento lo devo ammettere. E pure un po’ di presunzione. Colpire, giustamente, Palano per i suoi delitti è stato un altro delitto di presunzione che il suo precettore Tano GRASSO non mi ha mia perdonato. Ed avere contro Tano GRASSO è come avere contro una corazzata americana. E Tano Grasso significa Lumia, significa Gigi Croce. Significa Gambino. Significa buona parte dei DS. Non un complotto, di certo. Mai! Sarò colpito per in miei comportamenti, non per altro. Che, come ho detto, saranno letti ed organizzati concettualmente in una sola chiave di lettura. Ma quando queste persone ti abbandonano, è segno che sei davvero solo. Perché a loro non interessi più. Perché non sei affidabile. Perché colpisci i nemici ma anche (pedestremente, quasi goffamente, rudemente, ingenuamente) gli amici. A dire la verità non mi è costato molto fare quella relazione su Gambino. Mi è costato molto di più testimoniare non a favore di Marcello MINASI al CSM. Quella testimonianza (vera) l’avevo davvero patita. E tanto. Ma non potevo fare diversamente e forse, oggi, Marcello (un altro dei pochi che si salva, pur nella sua extravaganza e naivetè) lo ha capito. Franco GRECO ha fatto una relazione su una richiesta di un suo fraterno amico, Ciccio MISIANI, e a lui si è guardato come uomo retto e magistrato intransigente. Io ho fatto la mia su Gambino e passo per un traditore. La differenza geografica a volte è determinante. Non posso però tacere di una cosa che ho nel cuore da tempo. Ho conosciuto molti avvocati in questi anni. Molti li ho difesi anche davanti a colleghi. Sono bravi, preparati, più onesti, intellettualmente di quanto essi stessi appaiano o vogliano apparire. Lo so che i miei colleghi a volte non li sopportano. Ma sbagliano. La bravura e la preparazione degli avvocati fanno crescere noi magistrati. Ringrazio, allora Tommaso Autru Ryolo, Tommaso Calderone, Giuseppe Lo Presti, Bernando Garofalo, Luigi Autru Ryolo, dai quali ho ricevuto, oltre a profondi insegnamenti su come deve essere un P.M. e su come debbono essere fatte le indagini, una vera e ricambiata stima personale. Franco BERTOLONE è il Franco CASSATA tra gli avvocati. A volte il troppo bene che vuole ad alcune persone (e a me compreso) fa, in lui, perdere lucidità. Ma è un cuore grande. Raggiungerò Ciccio SIDOTI, LA TORRE, Gianni LEMBO, MONDELLO, Pippo SAVOCA, nel novero dei magistrati che, lavorando a Messina, hanno raggiunto la galera. Come sempre, finisco sempre nella parte dei perdenti. In fondo faccio il P.M., sono di sinistra e tengo all’Inter. Tra i vincenti proprio mai! Non so quando succederà. Ma succederà. Quando questa lettera sarà resa più o meno pubblica, sarò in galera. A nessuno venga in mente di difendermi. Non ne vale la pena. Come diceva Heidegger 'Das Dasein ist als solches Schuldig'. 'L’Esserci è, di per sè stesso, colpevole'. Un dio laico mi aiuti. Il Dio dei Cristiani non me lo sento da tempo.


La replica che aveva dato l'Avv. Repici

Di seguito riportiamo la risposta dell'avvocato Fabio Repici, al coupe de theatre avvenuto durante l'appello del processo "Mare Nostrum".

Alla Corte d'assise d'appello di Messina, (presidente Brigandì); 

al Procuratore della Repubblica di Messina e 

al Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria. 

Monza, 10 marzo 2009. 

Procedimento n. 3/08 r. g. assise appello.

Signor presidente e signori giudici, rimango sgomento. Pur a non voler eccedere in formalismo processuale, la sortita dei difensori di Giuseppe Gullotti oltrepassa ogni limite, di immaginazione prima ancora che di rispetto del rito: l'uno dei difensori proponendo il vecchissimo espediente dell'asserito ritrovamento di un plico anonimo negli ultimi giorni dell'anno scorso; l'altro difensore, con intervento ufficiale (che tutti sappiano), certificandone autoreferenzialmente la versione; nessuno dei due, però, riuscendo a spiegare il ritardo della loro iniziativa. Epperò è stata prodotta alla Corte la lettera attribuita dall'avv. Bertolone al dr. Olindo Canali e ne è stato letto pure uno stralcio, finito stamattina sull'organo di stampa ufficiale. Solo uno stralcio, naturalmente: come si usa fare quando l'obiettivo è mirato e non corrisponde alla verità dei fatti. Poiché il documento coinvolge direttamente la mia persona, segnalo doverosamente quanto segue. Io non sto certo dalla parte del dr. Canali e dell'avv. Colonna. A tacer d'altro, dall'avvenuta nomina dell'attuale Procuratore generale (accadimento secondo me lesivo dell'immagine della magistratura messinese tutta), com'è pubblicamente risaputo, io sto da una parte (basti ricordare le mie parole nella conferenza del 9 novembre scorso su «La crisi della giustizia a Messina»), mentre il dr. Canali e l'avv. Colonna stanno da quella specularmente opposta. Se questo non bastasse, è dal giorno triste (triste per me ma soprattutto per la parte sana della società messinese) della morte del prof. Adolfo Parmaliana che la coscienza mi impedisce di mantenere quel minimo di rapporti che, pur ipocriticamente ma in ossequio alle regole di buona educazione, di regola corrono fra persone che frequentano gli stessi ambienti professionali. È vero: ho avuto l'onore di assistere i familiari di Graziella Campagna, così come ho avuto l'onore di assistere i familiari di Beppe Alfano nell'ultimo rivolo del processo, riguardante il solo imputato Merlino. È noto come io preferisca patrocinare le vittime, anziché i carnefici; questi ultimi, poi, a differenza delle vittime, non hanno difficoltà ad assoldare avvocati ben più capaci di me. Per inciso, anche l'avv. Luigi Autru Ryolo tanto tempo fa assistette processualmente i familiari di Graziella Campagna, in un processo finito come molti (e di certo io fra questi) sanno. Difendendo i familiari di Beppe Alfano, ovviamente, ho conosciuto, molti anni dopo la loro formazione e dopo la celebrazione della rituale istruttoria dibattimentale, gli atti di quel fascicolo. Così oggi ne so qualcosa.

Naturalmente, un'infinitesima parte rispetto a ciò che possono sapere al riguardo l'avv. Bertolone e l'avv. Autru Ryolo, che difendevano in quel processo l'imputato Giuseppe Gullotti. Quel che so, tuttavia, mi è sufficiente per ritenere del tutto incongrue e in molte parti false le affermazioni del documento letto per stralcio dall'avv. Bertolone. So, ad esempio, che le prime dichiarazioni rese da Maurizio Bonaceto sull'omicidio Alfano vennero verbalizzate il 12 maggio 1993 a Roma alla presenza di tre sole persone: il dott. Olindo Canali, l'avv. Ugo Colonna e l'allora capitano Nunzio Aliberti; nessun altro Pm, nessun sottufficiale e nessun altro militare, nessun ausiliario di cancelleria. Ma questo è un dato che a quei difensori (così come agli altri impegnati in quel processo) risulta da oltre quindici anni, se è vero che le misure cautelari per l'omicidio Alfano vennero eseguite il 18 novembre 1993 (ad eccezione che per Gullotti, che ricevette una qualche soffiata che gli consentì di sottrarsi alla cattura). Cosicché sorprende che se ne parli ora, dopo due giudizi di merito celebrati a Messina, due giudizi di rinvio celebrati a Reggio Calabria e addirittura tre pronunciamenti della Corte di Cassazione. Motivo per cui vien da pensare che siano altre, ed extraprocessuali (del resto, il presente processo non tratta dell'omicidio Alfano), le ragioni dell'ultima iniziativa. Per tali motivi, mi permetto di dubitare della possibilità che le richieste dei difensori di Gullotti abbiano alcun pregio processuale. Naturalmente, come sempre, prenderò atto con il massimo rispetto delle decisioni che saranno adottate al riguardo dalla Corte. E, altrettanto naturalmente, comprendendo che sulla mia persona non sono ravvisabili ipotesi di incompatibilità ad assumere la veste di testimone, è perfino superfluo da parte mia sottolineare che, ove dovesse essere ritenuto utile all'accertamento della verità, sono a disposizione della Corte e anche delle Autorità cui la presente è inviata per conoscenza. Mi sia concessa un'ultima battuta, di natura personale, utile anche ad alleggerire il clima. Contrariamente a quanto affermato nel documento letto per stralcio dall'avv. Bertolone, non sono mai stato, nemmeno lontanissimamente, leninista. Sono cresciuto leggendo Weber, Gobetti e Calamandrei. Fortunatamente, avendo scelto come esempio pensatori del genere, non ho mai dovuto abiurare, né sul terreno della lotta alla mafia né su quello propriamente politico.