1. I casi e le procedure
Chi si affacciasse in alto dal Vittoriano guardando verso via dei Fori imperiali potrebbe notare meglio di quanto non si possa fare dal basso, al di sopra dei Mercati traianei, un grande edificio, una massa turrita posta a destra della torre delle Milizie, subito accanto alla bianca facciata di una chiesa barocca. E' l'antico convento del Santi Domenico e Sisto delle suore domenicane. Secolarizzato dopo la presa di Porta Pia, divenne sede della Corte dei Conti, poi del Fondo per il Culto. Crispi ne aveva prefigurato la demolizione per costruire su quell'area il nuovo Parlamento che sovrastasse la città antica[i].
Nel 1928, con decreto del 2 giugno, il guardasigilli, ministro per la Giustizia e gli Affari di culto, autorizzava[ii] il Collegio San Tommaso d'Aquino per le Missioni italiane all'estero ad acquistare, «pel convenuto prezzo di Lire Nove Milioni (L. 9.000.000) dal Demanio dello Stato e dal Fondo di Beneficenza e di Religione della Città di Roma, per la quota spettante a ciascuno, il complesso degli immobili siti in Roma, alla Salita del Grillo, costituenti l'ex Convento dei SS. Domenico e Sisto». Il decreto prevedeva inoltre, all'art. 2, il diritto per l'amministrazione dello Stato, «di occupare e d'usufruire, pel numero di anni convenuto fra le parti, e con le garanzie stabilite a vantaggio del Collegio acquirente, i locali attualmente adibiti a sede dell' Amministrazione del Fondo per il Culto e del Regio Ufficio Pesi e Misure»[iii].
Dopo restauri e ampliamenti, nel 1932 vi veniva trasferito il Pontificio collegio Angelicum che nel 1963 fu trasformato, con il Motu proprio Dominicianus Ordo di Giovanni XXIII, in università pontificia. La Pontificia Università S. Tommaso ha oggi 150 docenti (provenienti da 30 Paesi) e 1.400 studenti, di 98 diverse nazioni. Vi si conseguono titoli di studio in Teologia, Filosofia, Diritto canonico, Scienze sociali distinti in tre gradi accademici (baccellierato, licenza, dottorato)[iv].
Il recupero delle proprietà ecclesiastiche subì un'accelerazione in seguito ai Patti lateranensi del 1929. Alcuni grandi edifici ex conventuali, come quelli annessi ai Santi Apostoli, Sant'Andrea della Valle, San Carlo ai Catinari, utilizzati come ministeri e uffici pubblici vennero trasferiti alla Santa Sede, cui veniva concessa anche un’ampia zona del Gianicolo ad integrazione della proprietà degli immobili religiosi già esistenti in loco[v].
In virtù dell'art. 29 (lettera b) del Concordato, veniva riconosciuta la personalità giuridica delle associazioni religiose, con o senza voti, rappresentate da persone in possesso della cittadinanza italiana, consentendo così il trasferimento della proprietà degli immobili, dei quali le associazioni erano già in possesso, dagli intestatari alle associazioni stesse[vi].
Per effetto di queste disposizioni vennero avviate numerose pratiche per la riacquisizione di beni ecclesiastici conservati fino allora in proprietà da singoli religiosi, società e prestanome. Un parere favorevole del Consiglio di Stato concludeva la procedura di trasferimento delle proprietà che era autorizzata da un decreto del ministro dell'Interno[vii].
Ma il recupero non si esauriva solo in queste operazioni. Una vicenda, politicamente e simbolicamente significativa, fu quella del ritorno ai gesuiti della «Casa professa», il grande palazzo, opera di Girolamo Rainaldi, contiguo alla chiesa del Gesù (dal 1988 ridenominata chiesa del SS. Nome di Gesù all'Argentina), che aveva al suo interno le camere di Ignazio di Loyola ed era stata la casa generalizia dell'ordine. A metà degli anni Trenta era proprietà del Demanio e sede dell'Archivio di Stato e dell'Archivio del Regno, salvo la parte, di proprietà del Fondo di beneficenza e religione della città di Roma, in possesso del Collegio di San Francesco Saverio dei gesuiti. Al momento della sua erezione in ente morale nel 1927, l'art. 6 dello statuto del Collegio delle Missioni Estere S. Francesco Saverio dei gesuiti, prevedeva l'acquisto di una sede a Roma. La soluzione più appropriata non poteva essere che «l'antica Casa Professa del Gesù nel cui maestoso tempio si conserva la più insigne reliquia [un braccio] che l'Europa possegga di S. Francesco Saverio»[viii]. Così il rettore del collegio, padre Pietro Tacchi Venturi, ne aveva sollecitato la vendita da parte del Demanio dello Stato che l'aveva senza difficoltà concessa per 3.200.000 lire[ix]. Un decreto legge aveva autorizzato la vendita, ma solo nella fase della stesura del contratto l'amministrazione statale si accorse che una parte dell'edificio era di proprietà del Fondo di beneficenza e religione della città di Roma. Fu necessario così emanare un nuovo decreto legge a modifica del precedente e suddividere l'importo dovuto tra il Demanio (2.800.000 lire) e il Fondo di beneficenza (400.000). Tutta l'operazione era avvenuta «in deroga alle norme vigenti» (secondo la dizione degli stessi decreti) quanto alle autorizzazioni da ottenere e alla determinazione del prezzo[x]. Alle obiezioni formali della Corte dei Conti si replicava invocando «considerazioni di urgenza e di opportunità politica»[xi]. Del resto padre Tacchi Venturi (1861-1956) aveva una posizione autorevolissima, non solo come studioso, storico della Compagnia di Gesù, responsabile per la sezione materie ecclesiastiche dell'Enciclopedia italiana, ma anche come mediatore nei rapporti fra il regime fascista e la Santa Sede dopo il concordato e nella cruciale questione relativa al conflitto sull'Azione cattolica, nonché come consigliere di Mussolini[xii].
Si giustificavano così la deroga alle disposizioni vigenti e i motivi di opportunità politica che avevano favorito i gesuiti nel recupero della loro casa madre.
2. Le fonti
Come è noto la proprietà ecclesiastica a Roma era stata solo in parte secolarizzata. Ne erano stati esclusi i beni delle istituzioni religiose che svolgevano attività di assistenza e beneficenza o avevano compiti di missione. Altri enti ecclesiastici erano riusciti a rivendicare e a far riconoscere il loro carattere laicale, anche grazie a forti appoggi politici da parte di esponenti di Casa Savoia[xiii].
Dalla fine dell'Ottocento gli acquisti riprendono e il nuovo paesaggio urbano si caratterizza anche per la rinnovata presenza di edifici religiosi[xiv]. Rimanevano del resto in mano ecclesiastica numerosi appartamenti, locali e negozi dell'antico centro storico. La documentazione principale di questa nuova e antica presenza è costituita dal catasto dei fabbricati del periodo 1870-1962, oggi consultabile presso l'Archivio di Stato di Roma, sede distaccata di via Galla Placidia al Tiburtino. Una straordinaria scorciatoia, di cui è difficile valutare tuttavia la piena affidabilità, è offerta dal volume poco noto e pochissimo citato di Mario Tedeschi, La guerra dei cent'anni (Roma 1870-1970)[xv]: una guerra perduta, secondo il giornalista e direttore del settimanale di destra «Il Borghese», in seguito al rinnovato primato del papa sulla città di Roma non solo nella dimensione politica, ma anche nel settore della proprietà di case e terreni. Accanto a un'analisi della politica finanziaria del Vaticano e della presenza capillare della Santa Sede in molte grandi società romane, fra cui l'Immobiliare, le Condotte d'acqua e i Beni stabili, Tedeschi pubblicava 210 pagine di tabelle che elencavano fabbricati e terreni di proprietà di enti e organizzazioni ecclesiastiche registrati al Catasto nel 1969[xvi].
Se il recupero dei beni ecclesiastici alla piena proprietà era il risultato del nuovo assetto giuridico definito dal Concordato, fu la costituzione dell’Amministrazione speciale della S. Sede, l’organismo incaricato di gestire il fondo (un miliardo e 750 milioni di lire) versato dallo Stato italiano al Vaticano dopo gli accordi del 1929, a segnare la ripresa di grandi investimenti nel settore immobiliare. Non a caso Bernardino Nogara, responsabile dell’Amministrazione speciale, nel 1931 entrò nel consiglio d’amministrazione della Società generale immobiliare e nel 1942 ne divenne vicepresidente. Nel 1945 il Vaticano era il primo azionista dell’Immobiliare con il 32,2 % del capitale[xvii].
Le fonti principali per ricostruire le vicende della proprietà ecclesiastica a Roma rimangono al momento suddivise fra le carte dell'Archivio Centrale dello Stato e quelle ancora depositate al ministero dell'Interno erede del ministero della Giustizia. Al Centrale, nel fondo Ministero dell'Interno, Direzione generale affari di culto, Atti amministrativi, 1861-1945, la serie VIII riguarda Roma, mentre nella Divisione autorizzazioni e tutela, le buste 386-453 sono relative alle autorizzazioni agli acquisti, a ricevere donazioni ed eredità da parte degli enti ecclesiastici presenti nella capitale prima e dopo il concordato del 1929[xviii]. Al ministero dell'Interno, l'attuale Direzione centrale per l'amministrazione del Fondo Edifici di Culto conserva ancora molti materiali sulle proprietà ecclesiastiche, non solo di Roma. Qui sono conservati, fra l'altro, i verbali manoscritti della Giunta liquidatrice dell'asse ecclesiastico di Roma.
Non si può che auspicare il sollecito versamento all'Archivio Centrale dello Stato di tutta questa documentazione, relativa del resto ad amministrazioni ormai soppresse dopo l'Accordo del 1984 fra Stato italiano e Santa Sede[xix], o almeno disporne un accurato inventario non solo per conoscere l'entità dei materiali, ma soprattutto per evitarne la dispersione.
Per quanto dal Viminale non vengano frapposti ostacoli alle ricerche degli studiosi, permane il regime anomalo di queste fonti. Un'anomalia solo in parte giustificata dal fatto che l'amministrazione del Fondo edifici di culto del ministero dell'Interno mantiene la proprietà su molte chiese monumentali di Roma (dal Gesù, a Sant'Andrea della Valle, a Santa Maria sopra Minerva, a Sant'Ignazio, ai XII Apostoli)[xx] e che i fascicoli relativi a queste proprietà mescolano materiali recenti con quelli più antichi, a partire dai verbali delle prese di possesso deliberate al tempo della liquidazione dell'asse ecclesiastico.
Vittorio Vidotto
[i] V. Vidotto, Roma contemporanea, Roma-Bari, Laterza, 2001, pp. 57 e 86-88.
[ii] L' autorizzazione venne concessa in seguito al parere favorevole dell'Economo generale dei benefici vacanti, del prefetto, del Procuratore generale della Corte d'Appello e del Consiglio di Stato.
[iii] Il testo completo del decreto in Ministero dell'Interno, Direzione centrale per l'amministrazione del Fondo Edifici di Culto, SS. Domenico e Sisto, 2A1, n. 413; una sintesi in «Bollettino ufficiale del ministero della Giustizia», 15 giugno 1928, n. 24, p. 420. Per la documentazione delle varie tappe dell'autorizzazione: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell'Interno, Direzione generale affari di culto, Divisione autorizzazioni e tutela, b. 398, pos. 254. Il parere favorevole del Consiglio di Stato si concludeva affermando che «l'accordo in parola è stato raggiunto sotto gli auspici di S.E. il Capo del Governo, in considerazione dell'alto scopo patriottico che l'Istituto persegue». Nel 1941 veniva autorizzata la donazione dell'edificio all'Istituto pontificio internazionale Angelicum: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell'Interno, Direzione generale affari di culto, Divisione autorizzazioni e tutela, b. 430, pos. 757. Cfr. anche Vidotto, Roma contemporanea, cit., pp. 214-215.
[iv] Notizie sull'Angelicum (Pontificia Universitas A S. Thoma In Urbe) si possono trovare nel sito dell'università (www.angelicum.org) dove si può vedere anche una bella immagine dell'edificio. L'originario collegio di S. Tommaso per la formazione dei domenicani aveva sede dal XVI secolo presso Santa Maria sopra Minerva, uno dei molti grandi conventi passati allo Stato con la secolarizzazione, e divenuto prima ministero delle Finanze, poi della Pubblica istruzione.
[v] La mappa della zona si trova nell'allegato II, 12 del Trattato fra la Santa Sede e l'Italia. Vi sorgono ora l'Ospedale del Bambino Gesù, la Pontificia Università Urbaniana, il Pontificio collegio americano del Nord e altri istituti religiosi.
[vi] A tali accordi dava attuazione la legge 27 maggio 1929, n. 848.
[vii] Dal 1932 la competenza sugli affari di culto passò dal ministero della Giustizia a quello dell'Interno (r.d. 20 luglio 1932, n. 884). Una documentazione di queste procedure e degli antefatti, relativi alle diverse forme di possesso, in C. Cirinei, Evoluzione delle strutture immobiliari delle istituzioni religiose a Roma dalle leggi di soppressione al concordato, Tesi di laurea discussa nell'a.a. 1994-95 presso la Facoltà di Lettere dell'Università di Roma-La Sapienza, rel. L. Scaraffia, correl. V. Vidotto. Di particolare interesse la vicenda dell'ospedale dei Fatebenefratelli all'isola Tiberina, ivi, pp. 151 sgg. e Vidotto, Roma contemporanea, cit., p. 417.
[viii] Citato nella narrativa che precede l'articolato del contratto di vendita, Ministero dell'Interno, Direzione centrale per l'amministrazione del Fondo Edifici di Culto, Chiesa del Gesù, 2A1, n. 1495. S. Francesco Saverio (1506-1552), spagnolo, uno dei fondatori della compagnia di Gesù, missionario in India e in Cina, dove mori nei pressi di Canton. Apostolo delle Indie, dal 1924 proclamato patrono della Congregazione e dell’opera della Propagazione della Fede e di tutte le missioni.
[ix] L'istanza di acquisto di padre Tacchi Venturi, del 26 novembre 1935, in Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell'Interno, Direzione generale affari di culto, Divisione autorizzazioni e tutela, b. 430, pos. 759.
[x] R.d.l. 9 gennaio 1936, n. 87 e r.d.l. 18 febbraio 1937, n. 197. Per giustificare l'insolita procedura, il r.d.l. del 1936 introduceva, senza specificarli, motivi di assoluta necessità e urgenza.
[xi] La documentazione in Ministero dell'Interno, Direzione centrale per l'amministrazione del Fondo Edifici di Culto, Chiesa del Gesù, 2A1, n. 1495, dove è anche conservata copia del contratto tra il provveditore generale dello Stato, il rappresentante del Fondo di beneficenza e religione e padre Tacchi Venturi nella sua qualità di rettore e di legale rappresentante del Collegio di S. Francesco Saverio.
[xii] Sul ruolo di Tacchi Venturi, Archivio Centrale dello Stato, Segreteria particolare del duce, Carteggio riservato, b. 68; R. De Felice, Mussolini il duce. I. Gli anni del consenso, 1929-1936, Einaudi, Torino, 1974, pp. 267-274.
[xiii] E' il caso delle Oblate di Tor de' Specchi: cfr. C. M. Fiorentino, Chiesa e Stato a Roma negli anni della destra storica, 1870-1876. Il trasferimento della capitale e la soppressione delle Corporazioni religiose, Roma, Istituto per la Storia del Risorgimento italiano, 1996, pp. 266-268.
[xiv] Vidotto, Roma contemporanea, cit., pp. 106 e 404-405.
[xv] Milano, Le Edizioni del Borghese, 1970.
[xvi] Le tabelle, ivi, pp. 261-470, elencano gli enti proprietari, la categoria (appartamento, villino, collegio, negozio ecc.), il numero dei vani, i metri quadri e i metri cubi. Alcuni riscontri, compiuti lungo la via Nomentana, nel quartiere Trieste, a Monte Sacro hanno confermato le indicazioni del volume. Due palazzine di viale Ionio, ai civici 245 e 247, originariamente del Capitolo di Santa Maria Maggiore risultano ora di proprietà dell'APSA, Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica.
[xvii] Cfr. F. Bartolini, Roma borghese. La casa e i ceti medi tra le due guerre, Laterza, Roma-Bari 2001, pp. 95-108 e nota 100 p. 261.
[xviii] La divisione autorizzazioni e tutela consentirebbe un'indagine sulla proprietà ecclesiastica in tutta Italia.
[xix] L'art. 54 della legge 20 maggio 1985, n. 222 (Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi) ha soppresso il Fondo per il culto e il Fondo di beneficenza e religione nella città di Roma a partire dal 1° gennaio 1987.
[xx] Sono 71: vedine l'elenco completo per Roma, in Ministero dell'Interno. Direzione generale degli Affari dei culti, Il Fondo Edifici di Culto, Pozzuoli, Elio de Rosa editore, 1997, pp. 56-57. Il Fondo edifici di culto ha la proprietà di circa 500 chiese monumentali in tutta Italia.