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1987 07 10 * La Repubblica * Quei silenzi su Marcinkus * Gianni Baget Bozzo

LE FINANZE vaticane sono divenute un problema: e probabilmente è il loro cattivo stato che ha permesso una gestione oltre ogni legge, scritta e non scritta, della comunità finanziaria quale quella dell' arcivescovo Marcinkus. La Chiesa romana ha un crescente bisogno di danaro. Non sono i viaggi papali a creare il deficit visto che essi sono a carico delle Chiese e degli Stati visitati. E' forse il peso della burocrazia in costante espansione? Ciò è dovuto alla crescente internazionalizzazione della Curia che è una conseguenza del Concilio. Ma che bisogno c' è di una burocrazia crescente quando la gestione del papato è affidata a una politica dell' immagine e del movimento che si esprime nella persona del papa? Se i viaggi non costano e il papa è autosufficiente a che serve una burocrazia romana crescente? Il Vaticano ha bisogno di danaro: è un fatto. Ci sono però vari mezzi per procurarselo: uno è stato quello tentato da Marcinkus. Il fatto che egli sia sempre titolare del suo ufficio non è dovuto certo solo al suo carattere di lituano. Significa solo che si ritiene che egli abbia ben meritato e che di lui ci sia ancora bisogno. L' altra e più normale via è quella tentata con la nomina di una commissione di cardinali e vescovi residenti in diocesi posta a controllo delle finanze vaticane: si parla ora anche di una tassa sulle Chiese locali a pro della Curia romana. Ma questo è un punto delicato: perché il controllo finanziario della Chiesa romana sarebbe in questo caso affidato alle Chiese più ricche. Sarebbero quella americana e quella tedesca, in particolare, a doversi addossare la maggior parte dell' onere. Ma ciò comporterebbe un cambiamento di fatto nella costituzione materiale della Chiesa romana. E' vero che le religioni oggi ricevono facilmente danaro. Ma ciò richiede abitualmente un coinvolgimento emozionale e un approccio più diretto di quello che il papato e il cattolicesimo romano consentano. Negli Stati Uniti un predicatore e un canale televisivo sono sufficienti per fare milioni di dollari. Basta vendere il religioso come un oggetto di grande consumo: danaro contro divina protezione. La Chiesa cattolica non può giungere a tanto per motivi di tradizione e di dignità. Però la sua offerta specificamente religiosa e spirituale si impoverisce, sopraffatta dal prevalere di una morale sessuale negativa. Il Cattolicesimo cresce in Africa, ma decresce nelle zone altamente sviluppate. La mancata riforma della Chiesa pesa sulla sua competitività religiosa anche sul piano terreno delle finanze. Le Chiese cattoliche della Repubblica Federale e degli Stati Uniti hanno certo difficoltà ad assumersi l' onere del finanziamento di un papato il cui attuale profilo suscita in esse e nel loro paese gravi difficoltà. IL PROBLEMA delle finanze vaticane è dunque non marginale nella Chiesa di oggi. In esso emergono due problemi capitali aperti dal Concilio: quello del rapporto tra la gerarchia e il consenso dei fedeli e quello del rapporto tra Chiesa locale e Chiesa romana. Per questo è inevitabile che uno Stato che ha con la Chiesa cattolica rapporti concordatari come quello italiano consideri bene questo nuovo aspetto. E' sotto la pressione di fatti recenti che lo Ior ha, con la gestione Marcinkus, assunto un compito esorbitante rispetto alle sue funzioni ordinarie. Che esse fossero tali risulta dall' autonomo apprezzamento che la Santa Sede ha fatto delle sue responsabilità verso gli azionisti del Banco Ambrosiano. Il governo Spadolini, con il ministro Andreatta, ha ben operato intervenendo in tale materia e facendo dello Ior un problema di rapporti tra Chiesa e Stato in Italia. Ora il rifiuto vaticano di riconoscere la giurisdizione italiana su un reato commesso all' interno dello Stato italiano da parte di un istituto del governo centrale della Santa Sede pone una grave questione. Per fondare l' incompetenza della giustizia italiana, il Vaticano ricorre a circolari degli Anni ' 30 in cui il ministro delle Finanze riconosce allo Ior il carattere di istituto del governo centrale della Santa Sede. Ciò significa che un istituto del governo centrale della Santa Sede può commettere reati all' interno dell' ordinamento giuridico italiano senza che questo abbia i mezzi per reagire. Ciò non si può evincere né dalla lettera né dalle implicazioni dei trattati lateranensi. La negazione dell' estradizione dei funzionari vaticani accusati pone allo Stato italiano l' obbligo di una reazione. Il governo Fanfani su questo punto è stato muto. Si deve dunque dire che un monocolore democristiano non si è sentito titolato politicamente a reagire di fronte al configurarsi di un diritto a commettere reati in Italia senza essere passibili di sanzioni? Come è noto, i Patti Lateranensi che l' articolo 7 della Costituzione tutela sono due: il Trattato, che regola i rapporti tra lo Stato italiano e la Santa Sede e il Concordato che norma i rapporti tra Chiesa e Stato in Italia. LO STATO italiano ha scelto la via della revisione negoziale del solo Concordato. Per Pio XI i due trattati erano uno solo: Staranno insieme o cadranno insieme, era solito dire. Alcune norme del Trattato sono cadute con la revisione del Concordato: per esempio il primo articolo del Trattato che conferisce alla religione cattolica il carattere di religione dello Stato. Che cosa rimane dunque ora del Trattato? Sarebbe interessante esaminare lo statuto del papa nell' attuale diritto italiano: ad esempio i viaggi in Italia che implicano una notevole attività dello Stato si riferiscono al capo della Santa Sede? O al papa in quanto tale? E in base a quale norma? La Repubblica non può in nessun modo accettare una violazione dell' eguaglianza dei cittadini e della integrità dell' ordinamento giuridico quale quella implicata nel diniego vaticano di estradizione degli imputati nel caso dello Ior. Non lo può, per i doveri che gli derivano dallo stretto compimento della Costituzione. Non può accettare che Marcinkus sia ancora là. Il presidente della Repubblica ha scelto di visitare il papa prima di assumere le sue funzioni. Ora che le esercita non può rimanere silenzioso di fronte a una umiliazione della Repubblica nei suoi diritti e nei suoi valori.