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2001 09 20 * Risoluzione del Parlamento europeo sulle mutilazioni genitali femminili

Il Parlamento europeo,
-  vista la proposta di risoluzione del 26 febbraio 2001 sulle mutilazioni genitali femminili (B5-0686/2000/riv. ), presentata dall'on. Maurizio Turco ed altri e sottoscritta da 317 deputati del Parlamento europeo,
-  visti gli articoli 2, 3 e 5 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata nel 1948,
-  visti gli articoli 2, 3 e 26 del Patto internazionale delle Nazioni Unite relativo ai diritti civili e politici, adottato nel 1966,
-  visti gli articoli 2, 3 e 12 del Patto internazionale delle Nazioni Unite relativo ai diritti economici, sociali e culturali, adottato nel 1966,
-  vista la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, adottata il 4 novembre 1950,
-  visto in particolare l'articolo 5, lettera a) della Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW), adottata nel 1979,
-  visti gli articoli 2, paragrafo 1, 19, paragrafo 1, 24, paragrafo 3, 34 e 39 della Convenzione relativa ai diritti dei bambini, adottata il 20 novembre 1989 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite,
-  visti gli articoli 1, 2, lettera f), 5, 10, lettera c), 12 e 16 della Raccomandazione n. 19 del Comitato delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne, adottata nel 1992,
-  vista la Dichiarazione e il programma d'azione di Vienna, adottati alla Conferenza mondiale sui diritti dell'uomo del giugno 1993,
-  vista la Dichiarazione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sull'eliminazione della violenza nei confronti delle donne, primo strumento internazionale relativo ai diritti dell'uomo che riguarda esclusivamente la violenza contro le donne, adottata nel dicembre 1993,
-  viste le relazioni del relatore speciale delle Nazioni Unite, Radhika Coomaraswamy, sulla violenza contro le donne,
-  visti la Dichiarazione e il Programma d'azione della Conferenza delle Nazioni Unite su popolazione e sviluppo, adottati al Cairo il 13 settembre 1994,
-  vista la Dichiarazione e il Programma d'azione della Conferenza mondiale sulle donne, adottati a Pechino il 15 settembre 1995,
-  vista la sua risoluzione del 15 giugno 1995 sulla Quarta conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne: Lotta per l'uguaglianza, lo sviluppo e la pace(1) ,
-  vista la sua risoluzione del 15 giugno 2000 sui risultati della sessione speciale dell'Assemblea generale delle Nazioni unite "Donne 2000: uguaglianza di genere, sviluppo e pace per il XXI secolo (5-9 giugno 2000)" (2) ,
-  visto l'accordo di associazione ACP-UE (Accordo di Cotonou), firmato il 23 giugno 2000, e l'allegato Protocollo finanziario,
-  vista la sua risoluzione del 18 maggio 2000 sul seguito dato alla piattaforma d'azione di Pechino (2000/2020(INI)) (3) ,
-  vista la sua risoluzione del 13 marzo 1997 sulla violazione dei diritti delle donne(4) ,
-  vista la sua risoluzione del 16 settembre 1997 sulla necessità di organizzare una campagna a livello dell'Unione europea per la totale intransigenza nei confronti della violenza contro le donne(5) ,
-  visto il Protocollo facoltativo relativo alla Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne, adottata il 12 marzo 1999 dalla Commissione delle Nazioni unite per la condizione femminile,
-  vista la risoluzione del Consiglio d'Europa sulle mutilazioni genitali femminili del 12 aprile 1999,
-  vista la sua posizione del 16 aprile 1999 su una proposta modificata di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che adotta un programma d'azione comunitario (DAPHNE) (2000-2004) relativo a misure destinate a prevenire la violenza verso i bambini, gli adolescenti e le donne (COM(1999) 82 - C4-0099/1999 - 1998/0/92(COD) )(6) ,
-  vista la sua posizione del 15 novembre 2000 sul programma relativo alla strategia quadro comunitaria in materia di parità tra uomini e donne (2001-2005) (COM(2000) 335 - C5-0386/2000 - 2000/0143(CNS) )(7) ,
-  vista la sua decisione del 14 dicembre 2000 di includere le mutilazioni genitali femminili nell'ambito dell'articolo B5-802 del bilancio 2001 / Programma DAPHNE(8) ,
-  viste le raccomandazioni fatte dal gruppo di esperti sulle mutilazioni genitali femminili a titolo del programma DAPHNE/mutilazioni genitali femminili, nel novembre 1998(9) ,
-  vista la relazione, adottata il 3 maggio 2001, dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, sulle mutilazioni sessuali femminili(10) ,
-  vista la proclamazione congiunta della Carta dei diritti fondamentali, da parte del Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione, in occasione del Consiglio europeo di Nizza l'8 dicembre 2000,
-  viste le posizioni ripetutamente assunte dal Parlamento europeo nel quadro dei diritti umani internazionali,
-  visti gli articoli 6 e 7 del Trattato UE sul rispetto dei diritti dell'uomo (principi generali) e gli articoli 12 e13 del trattato CE (non discriminazione),
-  visto l'articolo 48 del suo regolamento,
-  visti la relazione della commissione per i diritti della donna e le pari opportunità e i pareri della commissione per le libertà e i diritti dei cittadini, la giustizia e gli affari interni e della commissione per lo sviluppo e la cooperazione (A5-0285/2001 ),

A.  considerando che, secondo dati dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), 130 milioni di donne nel mondo hanno subito mutilazioni genitali e che, ogni anno, 2 milioni di donne sono esposte a queste pratiche,
B.  considerando che, malgrado la difficoltà di ottenere stime precise a causa della mancanza di dati ufficiali, secondo l'OMS, varie ONG e diverse ricerche queste pratiche vengono compiute in almeno 25 paesi africani ed in alcuni asiatici (Indonesia, Malaysia) e in Medio Oriente (Yemen, Emirati Arabi Uniti, Egitto); tenendo conto che è stato constatato che anche negli Stati Uniti, in Canada, in Australia, in Nuova Zelanda e in Europa (secondo alcune fonti, il numero di vittime è di quasi 60.0000, mentre 20.000 sarebbero le donne in situazione di pericolo) vengono effettuate mutilazioni genitali femminili nell'ambito di comunità di emigranti di tali paesi,
C.  considerando che in circa metà dei 25-30 paesi africani che praticano tali mutilazioni vigono varie leggi che condannano integralmente o parzialmente questa pratica, leggi che però non vengono applicate,
D.  considerando che le mutilazioni genitali praticate sulle donne sono di vario tipo e vanno dalla clitoridectomia (ablazione parziale o totale della clitoride) all'escissione (ablazione del clitoride e delle piccole labbra), che rappresentano circa l'85% delle mutilazioni genitali praticate sulle donne, fino alla forma più estrema ovvero l'infibulazione (ablazione totale del clitoride e delle piccole labbra nonché della superficie interna delle grandi labbra e cucitura della vulva per lasciare soltanto una stretta apertura vaginale),
E.  considerando che le mutilazioni genitali femminili provocano danni irreparabili per la salute delle donne e delle bambine che ne sono vittima fino a provocare la morte; che l'utilizzazione di strumenti rudimentali e la mancanza di precauzioni antisettiche hanno effetti secondari pregiudizievoli, tanto che i rapporti sessuali e il parto possono essere dolorosi, gli organi vengono irrimediabilmente danneggiati e possono verificarsi complicazioni (emorragie, stato di choc, infezioni, trasmissione del virus dell'AIDS, tetano, tumori benigni, nonché gravi complicazioni in caso di gravidanza e parto),
F.  considerando che qualsiasi mutilazione genitale femminile costituisce un atto di violenza contro le donne equivalente alla violazione dei suoi diritti fondamentali, in particolare il diritto all'integrità personale e alla salute fisica e psicologica nonché ai suoi diritti sessuali e riproduttivi e che tale violazione non può in nessun caso essere giustificata dal rispetto di qualsivoglia tradizione culturale o da cerimonie di iniziazione,
G.  considerando che l'universalità e l'indivisibilità dei diritti dell'uomo prevista e affermata da tutti i trattati internazionali a tale riguardo e, in particolare, i diritti delle donne sono l'obiettivo degli attacchi del relativismo culturale radicale che, nella sua forma più estrema, considera la cultura come l'unica fonte di legittimazione morale; che, pertanto, i diritti delle donne, delle giovani e delle bambine sono minacciati non solo a nome di culture, di pratiche tradizionali o di consuetudini ma anche dall'estremismo religioso, che per la maggior parte accordano alle donne una posizione sociale e uno status inferiori a quelli degli uomini,
H.  considerando che le mutilazioni sessuali imposte alle bambine esigono la condanna più categorica e costituiscono una violazione manifesta della normativa internazionale e nazionale per la protezione dell'infanzia e i suoi diritti,
I.  considerando che le mutilazioni genitali femminili costituiscono una violazione dei diritti delle donne e delle bambine sanciti da varie Convenzioni internazionali, vietata in sede penale dagli Stati membri e contraria ai principi della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
J.  considerando che la violenza contro le donne deriva da strutture sociali che sono fondate sulla disparità fra i sessi e su relazioni squilibrate di potere, dominio e controllo nelle quali la pressione sociale e familiare è alla fonte della violazione di un diritto fondamentale quale il rispetto dell'integrità personale,
K.  considerando che tali mutilazioni si sommano alle discriminazioni di cui già sono vittime le donne e le bambine nelle comunità dove esse vengono praticate,
L.  sottolineando che il ruolo primario dell'istruzione e dell'informazione consiste nella dissuasione dall'esercizio di questa pratica, riconoscendo in particolare che è importante convincere le popolazioni che è possibile rinunciare a determinate pratiche senza per questo rinunciare, nella loro ottica, ad aspetti significativi della propria cultura,
M.  considerando che l'articolo 2, lettera f) della Convenzione per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne esige che gli Stati firmatari adottino le misure necessarie per modificare o abolire le norme, consuetudini e pratiche esistenti che costituiscono discriminazioni contro le donne,
N.  considerando che ai sensi dell'articolo 5, lettera a) della Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne, gli Stati firmatari adottano tutte le misure necessarie per modificare gli schemi e i modelli di comportamento socioculturale degli uomini e delle donne allo scopo di pervenire all'eliminazione dei pregiudizi e delle pratiche consuetudinarie o di ogni altro tipo che sono basate sull'idea dell'inferiorità o della superiorità dell'uno o dell'altro sesso o di concezioni stereotipate sui ruoli maschile e femminile,
O.  considerando che la dichiarazione e il programma d'azione di Vienna, adottati nel giugno 1993, considerano per la prima volta che i diritti fondamentali delle donne fanno inalienabilmente, integralmente e indissociabilmente parte dei diritti universali della persona, e che ogni forma di violenza, comprese quelle che sono conseguenza di pregiudizi culturali, è incompatibile con la dignità e il valore della persona umana,
P.  considerando che la Dichiarazione sull'eliminazione delle violenze nei confronti delle donne, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel dicembre 1993, offre per la prima volta un'interpretazione ufficiale da parte dell'ONU della violenza imputabile all'appartenenza al sesso femminile: ogni atto di violenza diretto contro il sesso femminile avente o suscettibile di avere come risultato un pregiudizio o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche per le donne, compresa la minaccia di tali atti, la limitazione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata,
Q.  considerando che l'articolo 2 di tale dichiarazione afferma chiaramente che la violenza nei confronti delle donne comprende, senza esserne limitata, la violenza fisica, sessuale e psicologica esercitata in seno alla famiglia e in particolare le mutilazioni genitali e altre pratiche tradizionali che recano pregiudizio alle donne,
R.  considerando che l'articolo 4 di tale dichiarazione prevede che gli Stati sono tenuti a condannare la violenza nei confronti delle donne e a non invocare consuetudini, tradizioni o considerazioni religiose per sottrarsi all'obbligo di eliminarla,
S.  considerando che ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, della Convenzione relativa ai diritti dei bambini, adottata nel 1989, gli Stati firmatari si impegnano a rispettare i diritti che sono enunciati e a garantirli a tutti i bambini che rientrano nella loro giurisdizione, senza alcuna distinzione, indipendentemente dal sesso; che ai sensi dell'articolo 24, paragrafo 3, gli Stati firmatari adottano tutte le misure efficaci e necessarie allo scopo di abolire le pratiche tradizionali che recano pregiudizio alla salute dei bambini,
T.  considerando che la Piattaforma d'azione della Conferenza internazionale sulla popolazione e lo sviluppo, svoltasi al Cairo nel 1994, prevede raccomandazioni agli Stati allo scopo di eliminare le mutilazioni genitali femminili e proteggere le donne e le bambine da tali pratiche,
U.  considerando che la Conferenza sul seguito dato alla Conferenza internazionale del Cairo sulla popolazione e lo sviluppo, e in particolare l'articolo 42 delle misure chiave per la ulteriore attuazione della sua piattaforma d'azione, stabilisce che i governi promuovano e tutelino i diritti umani delle bambine e delle giovani donne e che tali diritti comprendano anche quelli economici e sociali nonché la libertà da coercizioni, discriminazioni e violenze, comprese pratiche nocive e sfruttamento sessuale; che i governi dovrebbero rivedere tutta la legislazione e modificare e revocare gli aspetti che discriminano le bambine e le giovani donne,
V.  considerando che la Dichiarazione e la Piattaforma di Pechino, adottate nel 1995, rivolgono con fermezza raccomandazioni ai governi secondo cui questi ultimi sono invitati a promulgare e ad applicare leggi che sanzionino gli autori di pratiche e di atti di violenza nei confronti delle donne, come le mutilazioni genitali, e a sostenere vigorosamente gli sforzi effettuati dalle organizzazioni non governative e dalle organizzazioni comunitarie allo scopo di sradicare tali pratiche,
W.  considerando che la Piattaforma di Pechino invita gli Stati a prendere tutte le misure necessarie, in particolare nel settore dell'istruzione, per modificare i comportamenti sociali e culturali degli uomini e delle donne ed eliminare i pregiudizi e le pratiche consuetudinarie nonché ogni altra pratica basata sull'inferiorità o la superiorità di uno dei due sessi e su concezioni stereotipate dei ruoli maschile e femminile,
X.  considerando che l'Accordo di partenariato ACP-UE (Accordo di Cotonou) è fondato su tali principi universali e contiene disposizioni contro le mutilazioni genitali femminili (articolo 9 su elementi essenziali dell'Accordo, ivi compreso il rispetto dei diritti dell'uomo, e articoli 25 e 31 rispettivamente sullo sviluppo sociale e sulle questioni di genere),
Y.  considerando che la relazione adottata il 3 maggio 2001 dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa chiede il divieto della pratica delle mutilazioni sessuali femminili e che le considera come un trattamento inumano e degradante ai sensi dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo; ricordando che la difesa delle culture e delle tradizioni trova il proprio limite nel rispetto dei diritti fondamentali e nella proibizione di pratiche che si avvicinano alla tortura,
Z.  considerando che, nel quadro di una politica europea comune su immigrazione e asilo, la Commissione e il Consiglio devono tenere conto del rischio di mutilazione genitale femminile in caso di rifiuto di una domanda d'asilo,
AA.  considera che gli Stati membri dispongono ormai di un quadro giuridico comunitario che permette loro di adottare una politica efficace di lotta contro le discriminazioni e di applicare un regime comune in materia di asilo nonché una nuova politica dell'immigrazione (articolo 13 e titolo IV del trattato CE),

1.  condanna fermamente le mutilazioni genitali femminili in quanto violazione dei diritti umani fondamentali;
2.  chiede che l'Unione europea e gli Stati membri collaborino all'armonizzazione della legislazione esistente e, qualora essa non si dimostri adeguata, all'elaborazione di una legislazione specifica in materia nel nome dei diritti della persona, della sua integrità, della libertà di coscienza e del diritto alla salute;
3.  si oppone a qualunque medicalizzazione in materia, che non farebbe altro che giustificare e far accettare la pratica delle mutilazioni genitali femminili sul territorio dell'Unione;
4.  conferma che la natura e gli esiti delle mutilazioni genitali femminili costituiscono un grave problema per la società nel suo insieme; ciò nonostante, e affinché i membri delle comunità o dei gruppi interessati si convincano della necessità di sradicare tali pratiche, le misure da adottarsi dovranno contare sulla partecipazione e la collaborazione delle comunità interessate e adeguarsi alla realtà delle stesse;
5.  afferma che le motivazioni date da numerose comunità per mantenere pratiche tradizionali dannose per la salute delle donne e delle bambine non hanno basi scientifiche e neppure origini e giustificazioni religiose;
6.  sollecita il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri a compiere un'approfondita indagine per determinare la portata del fenomeno negli Stati membri;
7.  chiede che la Commissione elabori un'impostazione strategica integrale allo scopo di eliminare la pratica delle mutilazioni genitali femminili nell'Unione europea, la quale deve andare al di là della semplice denuncia di questi atti e stabilire meccanismi giuridici e amministrativi, ma anche preventivi, educativi e sociali, che permettano alle donne vittime e in condizioni di esserlo di ottenere una vera protezione;
8.  chiede che tale strategia integrale venga accompagnata da programmi educativi nonché dall'organizzazione di campagne pubblicitarie nazionali e internazionali;
9.  chiede alla Commissione di avviare una campagna di sensibilizzazione rivolta ai legislatori/parlamenti nei paesi interessati al fine di massimizzare l'impatto della vigente legislazione o, in sua assenza, di assistere nella formulazione e nell'adozione di tale legislazione;
10.  chiede all'Unione europea e agli Stati membri di perseguire, condannare e sanzionare la realizzazione di queste pratiche applicando una strategia integrale che tenga conto della dimensione normativa, sanitaria, sociale e di integrazione della popolazione immigrante;
11.  in questo senso chiede agli Stati membri che:

- considerino qualsiasi mutilazione genitale femminile come reato indipendentemente dal fatto che sia stato o meno concesso il consenso da parte della donna interessata, che venga sanzionato chi aiuti, inciti, consigli o dia sostegno a una persona affinché realizzi uno qualsiasi di questi atti sul corpo di una donna, di una giovane o di una bambina,
- perseguano, processino e sanzionino penalmente qualsiasi residente che abbia commesso il reato di mutilazione genitale femminile anche qualora sia stato commesso al di fuori delle loro frontiere (extraterritorialità del reato),
- approvino misure legislative che concedano ai giudici o ai pubblici ministeri la possibilità di adottare misure cautelari e preventive qualora vengano a conoscenza di casi di donne e di bambine che corrono il rischio di essere mutilate,
- adottino misure amministrative relative ai presidi sanitari e alle professioni mediche, ai centri d'istruzione e agli assistenti sociali nonché codici di condotta, ordinanze e codici deontologici affinché i professionisti della salute, gli operatori sociali, i maestri, gli insegnanti e gli educatori denuncino i casi commessi di cui vengano a conoscenza oppure i casi di rischio che necessitano protezione e, inoltre, realizzino parallelamente un'opera di educazione e di informazione delle famiglie, senza che si configuri una violazione del segreto professionale,
- dal punto di vista delle norme per la protezione dell'infanzia, la minaccia o il rischio di subire una mutilazione genitale femminile venga considerata una forma di abuso che può giustificare interventi dell'amministrazione pubblica,
- attuino una strategia preventiva di azione sociale volta alla protezione dei minori, senza stigmatizzare le comunità immigranti, tramite programmi pubblici e servizi sociali volti tanto a prevenire tali pratiche (formazione, istruzione e informazione delle comunità a rischio e dei diretti interessati) quanto ad assistere le vittime che le hanno subite (sostegno psicologico e sanitario ivi comprese, ove possibile, cure mediche riparatrici gratuite),
- diffondano un'informazione precisa e comprensibile per una popolazione analfabeta, in particolare nei Consolati dei paesi europei in occasione del rilascio dei visti; l'informazione sul motivo per cui viene applicato il divieto legale deve essere comunicata anche all'arrivo nel paese di accoglienza da parte dei servizi dell'immigrazione affinché le famiglie comprendano che la proibizione dell'atto tradizionale non è assolutamente concepito come un'aggressione culturale, ma costituisce una protezione legale delle donne e delle bambine; le famiglie devono essere informate delle conseguenze penali che possono comportare una pena detentiva qualora venga constatata la mutilazione,
- elaborino orientamenti per gli operatori sanitari, gli insegnanti e gli assistenti sociali allo scopo di informare e istruire i padri e le madri, nel modo più rispettoso e con l'assistenza di interpreti se necessario, in merito agli enormi rischi delle mutilazioni genitali femminili e al fatto che tali pratiche sono un reato nei paesi dell'Unione europea,
- organizzino corsi di informazione sessuale nelle scuole e in istituti analoghi, al fine di informare sulle conseguenze delle mutilazioni genitali femminili,
- collaborino e finanzino le attività delle reti e delle ONG che realizzano un compito di educazione, istruzione e informazione in merito alle mutilazioni genitali femminili in stretto contatto con le famiglie e le comunità;

12.  invita il Consiglio, previa consultazione del Parlamento europeo, ad adottare misure per lottare contro questo fenomeno, a norma dell'articolo 13 del trattato CE, a titolo della discriminazione basata sul sesso e della violenza contro le donne e le bambine;
13.  chiede che le misure adottate tendano al sostegno e all'integrazione delle donne vittime di violenza fornendo loro un'assistenza specializzata, che vengano impartite le necessarie istruzioni e formazione ai funzionari di giustizia e di polizia sui problemi concernenti la violenza contro le donne;
14.  auspica che il Consiglio e la Commissione, nell'ambito del processo di comunitarizzazione della politica di immigrazione e di asilo previsto dal Titolo IV del Trattato di Amsterdam, adottino misure concernenti la concessione di permessi di soggiorno e la protezione delle vittime di questa pratica e riconoscano il diritto d'asilo alle donne, alle giovani e alle bambine che rischiano di subire mutilazioni genitali;
15.  sollecita tutte le misure necessarie per giungere all'inclusione del tema "accesso alle procedure d'asilo per le donne minacciate di mutilazioni genitali femminili” come questione prioritaria nell'agenda dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 2002;
16.  si compiace degli importanti contributi forniti da numerose organizzazioni non governative nazionali e internazionali (ONG), da istituti di ricerca, dalla rete europea per la prevenzione delle mutilazioni genitali femminili in Europa e dalle persone impegnate che, grazie ai finanziamenti delle agenzie dell'ONU e del programma DAPHNE, inter alia, attuano numerosi progetti allo scopo di promuovere la consapevolezza e prevenire ed eliminare tali pratiche; è persuaso che la creazione di reti tra le ONG e le organizzazioni su base locale che operano a livello nazionale, regionale e internazionale è fondamentale per riuscire a sradicare tali pratiche e a conseguire uno scambio di informazioni ed esperienze, nonché per realizzare azioni congiunte;
17.  chiede che le mutilazioni genitali femminili siano totalmente integrate quali gravissime violazioni dei diritti fondamentali nella politica di sviluppo dell'Unione tenendo conto dell'adozione del regolamento (CE) n. 2836/98 del Consiglio, del 22 dicembre 1998, in seguito, in particolare, alla Dichiarazione finale della Quarta Conferenza mondiale sulle donne di Pechino del 1995 e alla sua piattaforma d'azione; la prevenzione delle mutilazioni genitali femminili deve divenire una priorità dei programmi di cooperazione sulla salute e sui diritti sessuali e riproduttivi;
18.  invita la Commissione ed il Consiglio a tener pienamente conto di una strategia contro le mutilazioni genitali femminili nei documenti strategici elaborati per la cooperazione con paesi terzi;
19.  invita la Commissione e il Consiglio a sollevare la questione di una strategia contro le mutilazioni genitali femminili nelle loro discussioni con gli ACP in questione sui loro programmi di cooperazione allo sviluppo (programmi indicativi nazionali), ai sensi dell'Accordo di Cotonou;
20.  esorta i paesi nei quali si praticano mutilazioni genitali femminili, in particolare i paesi ACP interessati dall'accordo di Cotonou, ad adottare urgentemente disposizioni legislative, laddove non ne esistano ancora, che condannino tali prassi, nonché ad approvare legislazioni e procedure volte ad assicurare l'applicazione di tali leggi;
21.  ricorda gli articoli 9, 25 e 31 dell'Accordo di Cotonou e invita la Commissione e il Consiglio a intensificare i loro sforzi intesi ad attuare programmi riguardanti la quesione delle mutilazioni genitali femminili;
22.  raccomanda che le risorse di bilancio - attualmente disarticolate -destinate alla lotta contro le mutilazioni genitali femminili in paesi terzi, siano consolidate nell'ambito di una speciale linea di bilancio, o in una parte separata e chiaramente identificabile di una linea esistente, e che sia concordato uno stanziamento annuale minimo di 10 milioni di euro a partire dal bilancio per l'esercizio 2002;
23.  ritiene che, nel contesto delle disposizioni sui diritti dell'uomo dei programmi di sviluppo dell'UE, le mutilazioni genitali femminili costituiscano una grave violazione dei diritti delle donne, tale da indurre la Commissione ad attuare queste disposizioni, qualora i governi interessati non siano disposti ad includere la lotta contro dette mutilazioni quale settore di cooperazione;
24.  chiede che vengano promossi gli aiuti esterni ai paesi che hanno adottato misure legislative ed amministrative che proibiscono e sanzionano la pratica delle mutilazioni genitali femminili e promuovono i programmi educativi e sociosanitari nei luoghi in cui la mutilazione è una pratica abituale, volti a prevenire e lottare contro tale pratica; invita i governi in questione a vietare le mutilazioni genitali femminili e chiede alla Commissione di collaborare strettamente con le ONG, le iniziative locali e i leader religiosi che si adoperano per sradicare tali pratiche;
25.  rileva che i paesi interessati devono essere all'origine dei cambiamenti a medio e a lungo termine e che l'assistenza internazionale allo sviluppo, quali i programmi di sviluppo dell'UE, deve svolgere un ruolo complementare essenziale;
26.  chiede che si ricorra alla clausola dei diritti dell'uomo per far della lotta contro le mutilazioni genitali femminili una priorità di azione nelle relazioni con i paesi terzi, soprattutto con i paesi che hanno relazioni preferenziali con l'Unione europea ai sensi dell'Accordo di Cotonou, ed esercitare pressioni su questi ultimi affinché adottino le misure legislative, amministrative, giudiziarie e preventive necessarie per porre fine a dette pratiche;
27.  insiste affinché l'Unione europea levi la sua voce nell'ambito delle Nazioni unite in modo che i numerosi Stati che hanno formulato riserve nei confronti della Convenzione per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro la donna, affermando che rispetteranno gli obblighi derivanti dalla stessa quando essi non siano contrari a determinati usi e costumi, pratiche o leggi nazionali, le ritirino, poiché si tratta di riserve totalmente incompatibili con lo spirito e l'oggetto della convenzione e pertanto inaccettabili;
28.  chiede all'Unione europea, e quindi all'insieme delle istituzioni e degli Stati membri, di difendere con energia e fermezza i valori europei basati sui diritti dell'uomo, lo Stato di diritto e la democrazia; rileva che nessuna pratica culturale e religiosa può essere opposta a tali principi su cui si basa la nostra democrazia;
29.  incarica la sua Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi degli Stati membri ed ai governi dei paesi ACP.

(1) GU C 166 del 3.7.1995, pag. 92.
(2) GU C 67 dell'1.3.2001, pag. 289.
(3) GU C 59 del 23.2.2001, pag. 258.
(4) GU C 115 del 14.4.1997, pag. 172.
(5) GU C 304 del 6.10.1997, pag. 55.
(6) GU C 219 del 30.7.1999, pag. 497.
(7) GU C 223 dell'8.8.2001, pag. 149.
(8) GU L 56 del 26.2.2001, pag. 1008.
(9) International Center for Reproductive Health (Gent/Belgio).
(10) Consiglio d'Europa: Mutilazioni sessuali femminili, doc. 9076 del 3.5.2001.