ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00246

Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 15
Seduta di annuncio: 236 del 06/11/2007
Firmatari
Primo firmatario: TURCO MAURIZIO
Gruppo: LA ROSA NEL PUGNO
Data firma: 06/11/2007
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatarioGruppoData firma
D'ELIA SERGIOLA ROSA NEL PUGNO06/11/2007
MELLANO BRUNOLA ROSA NEL PUGNO06/11/2007
BELTRANDI MARCOLA ROSA NEL PUGNO06/11/2007
PORETTI DONATELLALA ROSA NEL PUGNO06/11/2007
DELLA VEDOVA BENEDETTOFORZA ITALIA06/11/2007
DI GIOIA LELLOLA ROSA NEL PUGNO06/11/2007
BUGLIO SALVATOREL'ULIVO06/11/2007
ANTINUCCI RAPISARDOLA ROSA NEL PUGNO06/11/2007
DEL BUE MAURODCA-DEMOCRAZIA CRISTIANA PER LE AUTONOMIE - PARTITO SOCIALISTA-NUOVO PSI06/11/2007
NANNICINI ROLANDOL'ULIVO06/11/2007
BUEMI ENRICOLA ROSA NEL PUGNO06/11/2007
COSTA ENRICOFORZA ITALIA06/11/2007
Stato iter:
IN CORSO

Atto Camera

Mozione 1-00246
presentata da
MAURIZIO TURCO
martedì 6 novembre 2007 nella seduta n.236

La Camera,

premesso che:

nei mesi estivi alcuni esponenti della maggioranza di Governo hanno dichiarato alla stampa che se la riforma Biagi non sarà profondamente cambiata non voteranno a favore del disegno di legge governativo che dovrà recepire il protocollo sul welfare firmato a luglio con le parti sociali;

la riforma Biagi (legge 14 febbraio 2003, n. 30) non ha prodotto alcuna precarizzazione del mondo del lavoro, ma ha completato la riforma Treu, liberalizzando ulteriormente l'attività degli intermediari privati per facilitare l'incontro fra domanda e offerta di lavoro e stabilendo vincoli più restrittivi per eliminare abusi nell'utilizzo improprio delle collaborazioni coordinate continuative a progetto;

il ministro del lavoro ha più volte riconosciuto che è potuto intervenire per contrastare l'utilizzo elusivo ed illegale dei collaboratori a progetto nei call center proprio grazie alle disposizioni più restrittive della riforma Biagi che escludono la possibilità di utilizzare questa forma contrattuale per attività lavorative in cui prevalga il vincolo della subordinazione. Infatti, sulla base delle stime del sistema Informativo Excelsior, promosso da Unioncamere e dal Ministero del lavoro, i collaboratori a progetto che le imprese prevedono di assumere nel 2007 diminuiranno di circa 87.000 unità (da uno stock medio di 274.000 lavoratori a 261.000, di cui 152.000 in senso stretto e cioè non amministratori di società). Anche secondo la rilevazione continua delle forze lavoro dell'Istat, i co.co.pro sono diminuiti di 46.000 unità dal primo trimestre del 2006 al primo trimestre del 2007;

dal 2004, anno di entrata in vigore effettiva della legge in seguito all'emanazione del primo e più importante decreto legislativo della legge 30 (decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276) al 2006 il tasso di occupazione è cresciuto dal 57,5 per cento al 58,4 per cento, il tasso di disoccupazione è sceso dall'8,1 per cento al 6,8 per cento (6,4 per cento nel primo trimestre del 2007), mentre il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è sceso dal 23,5 per cento al 21,6 per cento (20,7 per cento nel primo trimestre del 2007). Gli occupati sono cresciuti dal primo trimestre del 2004 al primo trimestre del 2007 di 672.000 unità (fonte: Istat, rilevazione continua sulle forze di lavoro, 1o trimestre 2007);

i lavoratori con contratto a tempo determinato in Italia erano nel 2006, a tre anni dall'attuazione della riforma Biagi, il 13,1 per cento sul totale degli occupati, a fronte di una media dell'Unione europea a 25 del 14,9 per cento. Nella Spagna di Zapatero erano, nello stesso anno, il 34 per cento (fonte: Eurostat);

per quanto riguarda l'utilizzo abbastanza diffuso di contratti a tempo determinato all'inizio della carriera lavorativa dei giovani (circa il 60 per cento), è opinione consolidata che questo fenomeno è causato in gran parte dall'intoccabile articolo 18 dello statuto dei lavoratori. Per aggirare l'indissolubilità del contratto a tempo indeterminato, le imprese usano i contratti a termine o di formazione per avere il tempo di valutare e selezionare il lavoratore. Nei paesi in cui i vincoli legislativi al licenziamento sono minori o inesistenti la percentuale di contratti a tempo determinato sono minori. Nel Regno Unito, dove il livello di protezione legislativa dello stato d'occupazione è minimo, sono infatti il 5,8 per cento del totale degli occupati e in Danimarca, patria della flexsecurity, non superano l'8,9 per cento. In Francia il primo ministro Nicolas Sarkozy ha presentato una riforma dei contratti di lavoro che prevede un unico contratto con una modulazione graduale dei limiti al licenziamento, che può essere effettuato, senza limiti per la dimensione aziendale come accade in Italia, nei primi anni d'assunzione;

sulla base di una ricerca di Confindustria, sicuramente non comprensiva di tutta la platea delle imprese, quasi la metà dei contratti a termine è stata trasformata in contratti a tempo indeterminato nel corso del primo anno. «Ciò significa che mediamente un lavoratore assunto a termine ha la prospettiva di diventare a tempo indeterminato entro due anni. L'indagine mostra inoltre che le imprese fanno ampio ricorso ai contratti a termine come bacino da cui selezionare i futuri contratti a tempo indeterminato: oltre la metà (53 per cento) delle assunzioni a tempo indeterminato effettuate nel 2004 è infatti in realtà una trasformazione di un precedente contratto di natura temporanea. In particolare, le conversioni hanno riguardato prevalentemente i lavoratori inizialmente assunti con contratto a tempo determinato (48 per cento) e di formazione-lavoro/inserimento (37 per cento), ma anche ex lavoratori interinali (10 per cento), ex apprendisti (3 per cento) ed ex collaboratori autonomi (2 per cento)» (Sandro Trento e Anita Guelfi, Ragioniamo sui dati, 8 maggio 2006, Lavoce.info);

da quanto emerge dai dati e dalle considerazioni fin qui riportate, le contrapposizioni alla legge Biagi oltre ad essere basate su dati falsi, sono dannose per i lavoratori e si basano solo su pregiudizi ideologici privi di alcuna base scientifica e contraddetti dalle evidenze. Altri sono, invece, i terreni d'iniziativa politica che dovrebbero impegnare chi è veramente interessato alle condizioni di vita dei lavoratori. Innanzitutto quella di conciliare la necessaria flessibilità - non precarietà - con un sistema universale di ammortizzatori sociali che assicuri il lavoratore nel momento in cui passa dallo stato di occupazione a quello di disoccupazione, come è stato ripetutamente ribadito dallo stesso Marco Biagi in numerose pubblicazioni;

l'attuale sistema di ammortizzatori, infatti:

a) è iniquo, perché solo il 28,5 per cento delle persone in cerca di lavoro e solo 22,5 per cento dei disoccupati riceve una integrazione al reddito. In Italia, su cento disoccupati poco meno di un quarto riceve un sussidio mentre tre quarti devono arrangiarsi come possono. Ma anche fra quanti hanno il privilegio di ricevere un sussidio di disoccupazione, si registra un'ulteriore ingiustizia fra chi appartiene alle categorie privilegiate che riceve un sussidio che copre l'80 per cento dell'ultima retribuzione per un periodo che può essere prorogato anche fino a sei anni, mentre la maggioranza, i meno rappresentati, deve accontentarsi per sei mesi del 50 per cento dell'ultimo stipendio e per il settimo mese del 40 per cento;

b) non compensa la maggiore flessibilità del lavoro con maggiore sicurezza, perché non offre alcuna tutela significativa ai lavoratori non standard, quelli che passano da un'attività all'altra con frequenti periodi di disoccupazione (2,7 milioni). Fra questi vi sono:

b1) 2 milioni di dipendenti a tempo determinato che possono beneficiare solo della modesta indennità di disoccupazione per 7 mesi al 50 per cento dello stipendio;

b2) un po' meno di 700.000 co.co.co e co.co.pro, apprendisti e occasionali che sono completamenti esclusi da qualsiasi forma di copertura per i periodi di disoccupazione;

b3) 6 milioni di autonomi in gran parte privi di alcuna tutela contro la disoccupazione;

c) tutela il posto di lavoro non i lavoratori, perché costituito in gran parte dalle due casse integrazione - istituti sconosciuti negli altri paesi industrializzati - che prevedono, solo per alcune categorie privilegiate, la conservazione formale del posto di lavoro anche quando la crisi è irreversibile e, in alcuni casi, quando la fabbrica è chiusa e la prosecuzione del sussidio con l'indennità di mobilità, possibilmente fino al pensionamento. La rigidità del mercato e l'uso distorsivo dei sussidi è un ostacolo alla mobilità, emargina definitivamente i lavoratori dal mercato del lavoro e impedisce di assicurare loro le condizioni per trovare più facilmente e velocemente un altro impiego, anche attraverso una migliore qualificazione professionale;

d) è deresponsabilizzante e inefficiente, perché gli ammortizzatori, in alcuni casi troppo generosi per l'entità del sussidio e la sua durata, disincentivano la ricerca del lavoro e favoriscono il lavoro nero, non sono vincolati a misure per il reinserimento lavorativo, all'impegno di ricerca attiva del lavoro da parte del disoccupato (patto di servizio) e di fatto non consentono di sanzionare chi si sottrae a questo impegno non accettando le offerte di lavoro proposte dai servizi pubblici e privati per l'impiego;

e) è disorganico e basato sull'abuso delle deroghe, perché costituito da un numero eccessivo di misure e di eccezioni per singole categorie, con una stratificazione normativa che produce abusi, diversamente dagli altri paesi europei dove sono previsti al massimo tre livelli: assicurativo, assistenziale e d'inserimento;

f) dispendioso a causa del buco nero dell'agricoltura, perché mentre tutti i trattamenti d'integrazione al reddito previsti per il sistema industriale e per i servizi si autofinanziano interamente (prestazioni e coperture figurative) attraverso i contributi di imprese e lavoratori, i diversi sussidi per l'agricoltura producono un saldo passivo di 1,3 miliardi di euro a fronte di contributi pari a 86 milioni, distribuendo a pioggia sussidi a quasi 600 mila lavoratori agricoli su 990 mila (60 per cento);

accanto al problema dell'assenza di un sistema universale di assicurazione contro la disoccupazione, si registra una costante e drammatica perdita di potere d'acquisto dei salari, ad esclusione di quelli del pubblico impiego che hanno mantenuto intatto il loro valore reale. Un numero sempre maggiore di economisti avverte come sia insostenibile una situazione in cui la crescita del valore aggiunto delle imprese non venga ripartito neppure in minima parte sul lavoro;

negli ultimi quindici anni i redditi da lavoro dipendente sono calati, in termini reali, del 10 per cento, la quota dei salari sul reddito netto disponibile è calata vistosamente rispetto alla quota dei profitti e circa il 20 per cento delle famiglie italiane oggi vive al di sotto della soglia di povertà o rischia di caderci. È una situazione insostenibile, anche dal punto di vista economico, perché una bassissima remunerazione del lavoro deprime la domanda interna, crea forte disagio sociale e impedisce a fasce sempre più larghe della popolazione di aspirare a trattamenti pensionistici accettabili. L'anomalia italiana dei bassi salari è confermata dai confronti con gli altri partner europei; risulta infatti che in Italia il reddito lordo annuo da lavoro è inferiore di 7.000 euro rispetto alla Francia, di 18.000 rispetto alla Germania e di 19.000 rispetto al Regno Unito (fonte: Eurostat 2005);

collegata al precedente problema emerge la necessità di una riforma delle relazioni industriali che superi la centralizzazione del sistema della contrattazione collettiva che, «per un verso, affida al contratto nazionale il compito di disciplinare minuziosamente la stratificazione professionale dei lavoratori (quindi in qualche misura anche l'organizzazione del lavoro) e la struttura della retribuzione in tutte le aziende del settore, per altro verso preclude di fatto la deroga alla disciplina nazionale ai livelli inferiori. Ne consegue un evidente sovraccarico di funzioni del contratto collettivo nazionale: è sempre più difficile regolare compiutamente, rigidamente e inderogabilmente il rapporto di lavoro allo stesso modo per migliaia o addirittura decine di migliaia di aziende di diverse regioni, diverse dimensioni, diverse collocazioni nel mercato» (Pietro Ichino, Relazioni industriali: la paralisi e i rimedi, 19 giugno 2007, Lavoce.info);
impegna il Governo:
a presentare entro il 2007 il disegno di legge di riforma organica del sistema degli ammortizzatori sociali, delineata in via generale dal protocollo sul welfare firmato a luglio con le parti sociali, tenendo conto dei suggerimenti contenuti nella proposta di legge n. 2484 presentata alla Camera da deputati di tutti gli schieramenti politici. In particolare, i trattamenti d'integrazione del reddito dovranno essere rivolti a tutti i lavoratori che passano dallo stato di occupazione a quello di disoccupazione estesa a tutti i lavoratori, senza distinzione di qualifica, di appartenenza a settori produttivi o pubblici, di dimensione d'impresa e di tipologia del contratto di lavoro;

a presentare entro il 2008, previa consultazione delle parti sociali, una riforma delle attuali norme che regolano le relazioni industriali per spostare il baricentro della contrattazione collettiva dai contratti nazionali - a cui deve essere affidata solo la definizione dei diritti basilari e dei minimi salariali - a quelli aziendali e territoriali, prevedendo, con opportune garanzie, possibilità di deroghe al CCNL, al fine di favorire una migliore redistribuzione sui salari degli aumenti di produttività e di garantire una effettiva rappresentatività delle organizzazioni sindacali;

a presentare entro il 2008 una riforma e unificazione dei contratti di lavoro a tempo indeterminato e determinato che preveda tutele crescenti, in particolare per quanto riguarda il licenziamento, nel corso della vita lavorativa.

(1-00246)
«Turco, D'Elia, Mellano, Beltrandi, Poretti, Della Vedova, Di Gioia, Buglio, Antinucci, Del Bue, Nannicini, Buemi, Costa».
Classificazione TESEO:
CONCETTUALE:
CONTRATTI DI LAVORO, MERCATO DEL LAVORO, MISURE CONTRO LA DISOCCUPAZIONE, RIFORME
SIGLA O DENOMINAZIONE:
DL 2003 0276, L 2003 0030